Continua il cammino regionale dei praticanti campani di Darsi Pace.
Un cammino che si pone a supporto del percorso ordinario che ciascun praticante svolge nella propria annualità di riferimento.
Ci si incontra, generalmente, con cadenza mensile, ed ogni incontro, contiene sempre il rimando esperienziale alle nostre tre grandi pratiche quotidiane:
c’è uno spazio di meditazione, uno spazio di annuncio e di approfondimento antropologico-culturale, uno spazio di esercizio auto-conoscitivo attraverso svolgimento e condivisione di esercizi scritti e guidati.
Riportiamo il racconto dell’incontro di Rita De Carolis, praticante campana:
“Il 25 gennaio il Gruppo regionale di Darsi Pace della Campania si è riunito per la terza volta dopo la pausa estiva, esattamente ad un anno di distanza dall’evento tenutosi a Pozzuoli per il ciclo “Le Feste della Nuova Umanità” dal titolo “San Paolo e la Nuova Umanità”.
Per la prima volta, ci siamo riuniti in una nuova sede, offerta amorevolmente da una nostra praticante, un luogo d’incanto che solo città strambe e piene di poesia come Napoli sanno offrire. Il nostro gruppo ha numeri piccoli, ma sta crescendo – abbiamo infatti accolto diversi praticanti delle prime annualità che non avevano mai partecipato – ma non solo numericamente.
Nell’ultimo anno, anche grazie alla scelta di riunirci una volta alla settimana per una meditazione condivisa online, abbiamo cominciato a sentire che la qualità delle nostre relazioni stava cambiando nella direzione di una maggiore conoscenza, vicinanza ed intimità.
E così, tra lacrime sante e sorrisi gioiosi, tra una pizza fritta ed un cuoppo di alici, sulle note di Juri Camisasca proposte dal nostro formatore Aurelio Diano, ci siamo ritrovati nel nostro vagare come nomadi che cercano Casa e a cui manca sempre qualcosa per sentirsi compiuti, per poi scoprire, nella meditazione, che quella Casa, apparentemente perduta, proprio qui e proprio ora, è dentro di noi. Ora ci prepariamo ai prossimi passi per condividere la nostra esperienza in Darsi Pace con chi non la conosce, e non per fare proseliti, ma per evangelizzare, che in fondo significa solo dire a chi non lo sa che, nei nostri giorni contati qui sulla Terra, c’è una Buona Notizia che forse può fare più vero e più dolce il nostro tempo speso quaggiù.”