Quando avevo 15, 16 anni credevo di essere nato nell’epoca sbagliata. Guardavo allora gli anni ’50, e ’60, studiavo la Beat Generation, e mi sembrava che quella generazione lì fosse più colorata della nostra, più vitale e rivoluzionaria di quella che avevo modo di vivere e incontrare tutti i giorni, a scuola, fra i banchi, nei locali o alle feste. Non si trattava però – l’ho capito col tempo – di una mia idiosincrasia, ma di una situazione archetipica, presente già in Esiodo (VIII sec. a.C.) e che potremmo riassumere così: L’ETA’ DELL’ORO È “INDIETRO”, ED È – come ogni cosa passata – anche TRAPASSATA: PERDUTA. L’intonazione emotiva fondamentale era quella della nostalgia, del ripiego in un “Oriente”, avrebbe detto Rimbaud, che però, più crescevo, meno mi sembrava collocabile cronologicamente, geograficamente: “la purezza delle razze antiche non è ancora nulla rispetto a quella che io sogno!”, mi diceva Rimbaud. Il senso dell’ETA’ DELL’ORO, di questo video come dell’intero laboratorio Darsi Pace, è appunto in questo rovesciamento dell’asse del nostro domandare “dove?” e “quando?”. [Leggi di più…]
PASSIONE DI ISRAELE O PASSIONE DI CRISTO?
“Tutto ricomincia dal suo inizio ad ogni istante. Il passato non è che la prefigurazione del futuro e nessun avvenimento è irreversibile, nessuna trasformazione definitiva […] si può anche dire che non si produce nulla di nuovo nel mondo, perché tutto è solamente la ripetizione degli stessi archetipi primordiali”.
Questa frase di Mircea Eliade, grande storico delle religioni del ‘900, ci parla dell’esperienza della temporalità del mondo mitico, quella in cui nostri antenati, per millenni, sono stati immersi. A me sembra che tutto il senso di questo passo si addensi intorno alla parola “nuovo”. Cosa significa esperire il tempo in riferimento a un mistero di novità? Com’è che la rigenerazione cultuale del tempo – per esempio nella festa babilonese dell’Akitu – pur significando essa il suo rinnovamento, rimane estranea al nuovo? Cos’è, in definitiva, veramente “nuovo”? Come può tutto ciò che è nuovo mantenersi tale, in una perenne e inesauribile inizialità? [Leggi di più…]
IL MALE È NECESSARIO?
Ha un senso nell’economia complessiva della creazione?
Su questa domanda si gioca la nostra comprensione dell’intera teologia dei movimenti rivoluzionari moderni, da quelli liberali-borghesi alla tragedia del comunismo sovietico. Potrebbe sembrare strano, assuefatti come siamo alle finte opposizioni fra “destra” e “sinistra”, fra “Giorgia” e “Elly”, che la vera questione della politica sia teologica; potrebbe suonare assurdo ai nostri orecchi che il processo rivoluzionario che scuote l’Europa dal 1789 al 1989 non sia altro che il desiderio di instaurare il Regno della Giustizia, della Pace e della Libertà su questa terra; ancora più assurdo è infine il rovesciamento di questo anelito propriamente messianico (nulla di “laico” o “scientifico” in senso marxista) nella violenza ideologica del ‘900, dal paradosso della repubblica giacobina fino al fascismo come realizzazione della libertà democratica (Gentile). È proprio intorno a questa strana appartenenza di Terrore e Libertà, di Nulla e Salvezza che si incentra il dialogo che ho avuto il piacere e l’onore di condurre con il professor Massimo Borghesi, dell’Università di Perugia. Buon Ascolto!
ALCUNI DUBBI SULLE FESTE DELLA NUOVA UMANITA’
Siamo ormai entrati, con questa primavera, nell’ultima fase delle feste della nuova età che il movimento Darsi Pace offre a tutto il popolo italiano. Siamo giunti quasi alla fine della stagione ’23-’24. Vi confesso però che proprio, in questi giorni, stanno nascendo tante domande e dubbi su quello che stiamo facendo.
In realtà scrivo questo articolo per sfogarmi, per confidarmi con voi: le notizie quotidiane, l’allarme pressante di una guerra nucleare imminente, mi stanno stremando, esaurendo, sotterrando vivo.
Quando ascolto le parole dei leader mondiali – le minacce di Putin all’Occidente e dell’Occidente a Putin – tutta la mia vitalità si prosciuga e mi spengo. Sono giovane, ho 20 anni, mi piace studiare, andare all’università…I prati della Sapienza, sapete, in questi giorni sono gremiti di torme di ragazzi e ragazze vocianti e allegri, i cieli sono tersi e riflettono la bellezza dell’inizio di questa primavera che si espande. Ebbene nell’esatto istante in cui mi sposto dalla più prossima quotidianità al palcoscenico della storia del mondo, tutta questa gioia primaverile si spegne e la mia esistenza cade in un vuoto orrendo. [Leggi di più…]
IL METODO DEI MISTERI 5.10.23
Tempo fa ero deciso a comprendere e a penetrare fino in fondo il mistero della Croce; mi ero messo in testa di “capirlo” – anche se tutto ciò non era sintomo di una velleità arbitraria, questo bisogno al contrario scaturiva genuinamente dallo sgomento che la lettura dei brani della Passione di Cristo suscitava in me e dalle domande che questo stesso sgomento mi dettava nel cuore: “Cosa ha a che vedere questo scempio – questo scatenarsi così terribile di violenza
– con me?”; “In che senso e in che modo tutto ciò mi dovrebbe salvare?”; “Perché Gesù si è volontariamente consegnato ai suoi carnefici? Perché ha scelto e voluto dare sè stesso?”; “Cosa significa la Croce? Quale è il suo senso?”
Riconosco a queste domande un loro grado di legittimità; tanto più perché esse sorgevano come risonanza alla lettura dei brani evangelici della Passione, e non erano quindi pretenziose curiosità intellettuali. Con questo mio domandare ero risoluto, deciso ad
“abbordare” la Cosa stessa, a penetrarla, saperla, comprenderla, capirla; ero – in una parola – in cammino verso di essa. Molto presto però mi sono iniziato ad accorgere che questo cammino era, in realtà, sbarrato. Con tutto il mio insistente domandare non mi ero mosso di un passo dal punto di partenza, non mi ero cioè per nulla avvicinato alla Cosa stessa. Domandando, mi sembrava di approssimarmici, ma in realtà rimanevo sul posto ,giravo in tondo. Il mistero della Croce continuava a rimanermi inacessibile, sigillato.
Beninteso: già il domandare del mistero della Croce, benchè destinato ad arenarsi, rappresentava qualcosa di più della mera indifferenza verso di essa. Quest’ ultima è assenza totale di rapporto, ignoranza che non sa di sè. Al contrario domandando
genuinamente della Cosa si istituisce con essa già un rapporto, la si porta nel proprio sguardo, ci si fa attenti e pensosi nei suoi [Leggi di più…]
Dal pensiero filosofico alla pratica spirituale
Dal pensiero filosofico alla pratica spirituale Il pensiero occidentale inizia con lo spostamento da CIO’ che è a ciò che E’. Questo spostamento accade nella poetica sostantivazione del participio e dell’infinito di un verbo: il verbo “essere”. La formula che ne deriva compare per la prima volta nel poema di Parmenide di Elea: essa suona: to eòn. Qui, per la prima volta, to eòn smette di significare semplicemente “ciò che è”, come probabilmente accadeva nel linguaggio parlato del tempo, per acquistare un altro significato – quello verbale, non più nominale, del participio stesso: non più (soltanto) ciò che è ma l’è di ciò che è. Tutto l’enigma del pensiero è contenuto nella doppiezza del participio sostantivato di eimì, cioè nel fatto che esso indichi contemporaneamente CIO’ che è e ciò che E’. E’ perciò essenziale al participio tanto la sua forma nominale (l’ente) tanto quella verbale (l’essere), cioè esso – to eòn – è entrambi. [Leggi di più…]
2 Novembre – commemorazione dei defunti
Quale è il senso del giorno dei morti?
Di ciò che teologicamente chiamiamo “comunione dei santi”, dei vivi con i morti e dei morti con i vivi?
Vorrei provare a rispondere con semplicità a queste domande, nella convinzione che ogni possibile risposta, oggi, se vuol essere vera, deve essere iniziatica, cioè incarnata, e non soltanto corretta nella sua formulazione proposizionale.
Come molti nel cammino ‘ Darsi Pace ‘ tengo un quadernino in cui annoto piccole e grandi realizzazioni contemplative. Nel giorno 4/8/23, di sera, ebbi a scrivere: [Leggi di più…]
Darsi Pace: un Appello RIVOLUZIONARIO
Questo dialogo vorrebbe tentare di rispondere ad alcune domande e questioni che mi si sono appalesate come essenziali ai fini di una autocomprensione della ispirazione che muove i gruppi Darsi Pace.
Ravvivare la comprensione, ripetere le domande fondamentali costeggiando le quali ciascuno è giunto al pensiero di Marco, provare a mettere in crisi questo pensiero, verificarne la stabilità, l’ortodossia, la fondatezza rappresentano i compiti di ogni praticante. [Leggi di più…]
COSA FARAI DOPO ?
La domanda che mi viene rivolta, ora con scettica ironia ora con una punta di compatimento ora con aria di sufficenza, da chiunque sappia che la mia scelta di studi all’università è caduta sulla Facoltà di Filosofia è invariabilmente questa: “Cosa farai dopo?”
La logica del “Cosa farai dopo?” domina sottilmente ogni discorso intorno al senso dello studio – scolastico e universitario. Quando la vita poi ci mette dinnanzi, come è inevitabile, a quei bivi che da noi chiedono una decisione concreta e ineluttabile questa logica si sposta dai discorsi alla prassi – cioè: costruisce esistenze, destini, volti d’uomo.
A chiunque si sia imbattuto personalmente, anche in via occasionale, in questo dilemma apparirà chiaro come qui non è in gioco una determinata visione dello studio, che chiamerò per comodità “strumentale” dal momento che il suo senso ultimo è decretato essere quello di un mezzo per trovare lavoro e “sistemarsi”; no, qui è anche il lavoro stesso a esser concepito come mezzo e strumento a sua volta, senza nessun altro scopo che quello di assicurare sostentamento, gli evangelici “pane e vestiti”. [Leggi di più…]
NON AVEVO LA PAROLA PER PARLARNE
Sono sempre stato un mancante. Ricordo nella mia vita, fin dai primi anni di scuola superiore, la percezione costante di una mancanza di fondo, come una fame per qualcosa che neanche sapevo spiegarmi, una tensione verso qualcosa di altro, di diverso da quello che mi offriva la realtà che frequentavo – qualcosa che però non sapevo definire.
Pensavo di essere nato nell’epoca sbagliata; gli anni ’60 invece erano il tempo giusto, gli anni della poesia, di libertà e vitalità, di Jim Morrison…Niente a che vedere con la mia grigia quotidianità.
Io, però, non ho mai pensato tutto questo, che soltanto adesso riesco a dirmi, a raccontarmi consapevolmente; io sentivo, certo, confusamente, tutto ciò come un impulso, un sottofondo vago e indeterminato, perché non avevo la parola per parlarne – questo è il punto. [Leggi di più…]
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