Si fa una certa fatica a parlare di Vito Mancuso, ultimamente, perché la sua sovraesposizione mediatica sta raggiungendo livelli di guardia.
E però i giornali riferiscono con grande rilievo anche queste ultime polemiche tra lui, Vito Mancuso, e i gesuiti di Civiltà Cattolica, a proposito dell’ultimo libro del teologo del San Raffaele, “La vita autentica”, divenuto un best-seller editoriale. Ed è ovvio che per i giornali sia una occasione ghiotta, perché nella rozzezza avvilente in cui versa la cultura in questo paese, che ha sempre bisogno di antagonisti e conflitti, Mancuso e Gesuiti rappresentano un match perfetto, l’uno epigono e modello del credente buono e progressista e gradito ai laici, gli altri perfetti rappresentanti della conservazione e della ortodossia.
Poi, nella realtà le cose non stanno così. Però è anche divertente leggere questi scambi di piccoli veleni e di risentimenti reciproci, e anche di insofferenza da parte di Mancuso che si sente contraddetto e male interpretato.
Il problema però è che io credo che ogni volta che ci si accosta alla Parola di Dio, e specialmente alle parole del Cristo bisognerebbe farlo con molta molta prudenza e soprattutto evitando di strumentalizzarle per i propri fini e per i propri interessi.
In particolare Mancuso – che in generale parla molto poco di Gesù Cristo e molto di Dio (anche se non è spesso chiaro di quale Dio) – nell’articolo in risposta a quello di Civiltà Cattolica, pubblicato su Repubblica – Se la vita è senza fede, la mia risposta a Civiltà Cattolica – ad un certo punto usa un celebre passo dei Vangeli per confermare la tesi del suo volume, e cioè che in sostanza non occorre la fede in Dio per vivere una vita autentica.
‘Il senso del messaggio spirituale di Gesù, del resto” scrive Mancuso, “ consisteva proprio in questo primato della concretezza etica rispetto alle idee dottrinali proclamate a parole: Non chi dice Signore Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre. (Mt. 7,21), prospettiva che Gesù realizzava preferendo ai clericali del suo tempo (scribi, farisei, sacerdoti) altre tipologie più laiche di persone quali pubblicani, prostitute, poveri, pescatori. Per una vita autentica, caro padre Cucci, la fede in Dio non è necessaria.”
Ora, francamente questa argomentazione di Mancuso mi sembra davvero incomprensibile. Sembrerebbe infatti, leggendo Mancuso, che ‘avere fede in Dio’ significhi ‘tout court’ frequentare i clericali, cioè fare parte della congrega della Chiesa, e accompagnarsi a chi si batte il petto a ogni quarto d’ora della giornata.
Avere fede in Dio, invece, come appare chiaro semplicemente leggendo le parole di Gesù è: Fare la volontà del Padre. Punto.
Il che non vuol dire, come sostiene Mancuso, io credo, semplicemente essere autentici, e quindi dedicarsi al bene e alla giustizia (che è la tesi fondamentale del suo libro). Fare la volontà del Padre è una connotazione precisa, che aggiunge qualcosa di più al semplice dedicarsi al bene e alla giustizia.
Fare la volontà del Padre significa, secondo la stretta logica, due cose: 1. che un Padre esiste. 2. che questo padre ha una volontà, manifesta una volontà e che noi uomini siamo chiamati a realizzarla su questa terra con le nostre opere.
Come si fa allora a concludere, come fa Mancuso, a partire dalle parole di Gesù, da queste parole di Gesù, che “per una vita autentica la fede in Dio non è necessaria” ??
Mi sembra, invece, esattamente l’opposto.
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