C’è spazio nella Chiesa cattolica per gli animalisti?
E perchè chi ama gli animali è in genere guardato con sospetto dai credenti al punto che spesso deve ricorrere ad altre culture o religioni per coltivare un corretto e pacifico rapporto con i non-umani?
Quante discussioni per sapere se è meglio proteggere gli orfani di guerra e i bambini percossi dai genitori nei tuguri urbani oppure i cuccioli di foca sgozzati vivi sulla banchisa o gli orsi che impazziscono nei giardini zoologici!
Come ha potuto la coscienza cristiana, la coscienza umana, crearsi simili dilemmi? Tutto è da scegliere, tutto è da fare. Nessun essere fra quanti soffrono e muoiono deve essere escluso.
Se prima vengono gli uomini, quando verrà mai il tempo degli animali?
Grazie a Dio non sono più le religioni a decidere cosa si debba sentire e per chi e con quale intensità e in quale ordine, e sempre grazie a Dio non siamo noi “animalisti” a darci certe sensibilità piuttosto che altre, al più a noi spetta il difficile compito di non sprecarle. E questo perché “lo Spirito soffia dove vuole…” (Gv 3,8).
Se anche per assurdo ci fosse chi sente soltanto la tristezza del ramo che si secca e intervenisse per salvare la pianta, non avrebbe già fatto qualcosa per l’uomo?
E se avvertisse soltanto la tristezza della bestia malata e desiderasse intervenire in suo soccorso, non avrebbe reso il mondo più umano, anche senza aver fatto nulla per l’uomo?
Non si muovono, animalisti e ambientalisti, contro quelle stesse logiche utilitaristiche e consumistiche, intese solo alla massimizzazione dei profitti e del benessere immediato e materiale (penso agli allevamenti intensivi, alla caccia, alla vivisezione…), che ogni buon cristiano dice di disprezzare?
Mi chiedo: riusciremo mai a superare i pregiudizi specisti e ad entrare davvero in reciprocità armonica con quelle creature non-umane che Francesco da Assisi chiamava “i nostri fratelli minori”?
Approderemo finalmente a comprendere che l’essere fatti ad immagine di Dio comporta il più alto esercizio della responsabilità? Che solo in questa luce il nostro “dominio” sugli animali e sulla natura deve essere inteso? Che esclusivamente nella solidarietà responsabile consiste lo speciale “valore” degli uomini? (Mt 10,31/12,12).
Io voglio provarci, esercitandomi alla conoscenza degli esseri, per imparare la contemplazione della natura, per avere lo stesso sguardo di Gesù quando osservava gli uccelli dell’aria, la chioccia che raduna i pulcini, le piante da frutto messaggere dell’estate, i gigli dei campi più eleganti di Salomone…
Sono certo che quando i miei occhi non saranno più ostruiti dalla consuetudine di un sonnolente antropocentrismo di maniera, apparentemente molto pio e devoto e perciò difficilissimo da scardinare, tutto mi apparirà come opera di Dio, in relazione con lui, al di là di ogni pretestuosa differenziazione di specie.
Saluti a tutti.
Franco Lamensa
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