A Fiumicino un uomo di 78 anni accoltella una donna di 33 anni a causa di una lite per un posto auto. A Roma tre studenti insultano e picchiano un anziano per impedirgli di passare vicino a loro. A Milano un ragazzo di colore di 19 anni ucciso a sprangate per aver rubato un pacco di biscotti. Questi solo alcuni degli ultimi episodi di una cronaca quotidiana che scivolano ormai nella comune indifferenza.
Cosa sta succedendo? Il nostro non è più il Bel Paese?
Due killer, violenza e indifferenza, si aggirano indisturbati nelle nostre città.
Chi è il mandante? Quale l’emozione di fondo che le genera?
Una ricerca condotta dal Censis su un campione di 5000 persone di 10 megalopoli del mondo dà Roma come la città con il “più alto tasso di inquietudine esistenziale”.
Roma risulta la città più impaurita, più de Il Cairo, più di S. Paolo.
In effetti la paura appare oggi l’emozione dominante a tutti i livelli, colora i nostri discorsi e indirizza le nostre scelte. E’ come un virus letale, contagiosissimo, che sta attaccando un po’ tutti. Ma cosa genera tanta paura?
Occorre fare una diagnosi e trovare rapidamente una cura adeguata alla gravità della malattia, pena la sopravvivenza della stessa umanità.
Viviamo un tempo di rapidissime trasformazioni che suscita in noi smarrimento, senso di impotenza e perdita di controllo. Non abbiamo più una identità certa, punti di riferimento sicuri.
Ci sembra di essere come allo stato liquido, di vivere come su delle sabbie mobili, come sospesi su una lastra sottilissima di ghiaccio che può spaccarsi da un momento all’altro e farci precipitare in un abisso oscuro e pericoloso. Ci sentiamo fragilissimi, totalmente indifesi.
Tutto questo crea un’ansia libera e una paura generalizzata che cumulata nell’aria fa alzare la temperatura emotiva dell’ambiente che raggiunge così livelli esplosivi, ed esplode appunto nei fatti di violenza che la cronaca quotidianamente registra.
Quando la paura domina il sentire collettivo, infatti, viene meno la necessaria mediazione del pensiero e la paura viene agita immediatamente scaricando su un mostro/nemico esterno tutta la violenza di un’emozione divenuta incontenibile.
Oggi il passaggio all’atto sta diventando la modalità comune di agire; i pensieri, colorati dalle nostre emozioni vengono, sempre più frequentemente, agiti immediatamente senza essere pensati, divenendo sempre più spesso esplosivi.
I gruppi ‘Darsi Pace’ nascono come laboratori di ricerca, tentativo di dare senso al travaglio esistenziale della nostra epoca e accompagnare/assistere nel faticoso parto della nuova umanità che preme per nascere in ognuno di noi.
Nell’esperienza del gruppo la paura, ascoltata in una mente divenuta silenziosa attraverso la pratica meditativa, diventa non più un’emozione angosciante da cui liberarmi immediatamente esplodendo/attaccando, ma l’emozione risanante che mi riporta a casa, alla verità di me stessa, al ‘volto originale’ che ci accomuna tutti.
Quando riesco ad accogliere con un sorriso la mia paura mi rendo conto che ho una paura ma non sono la mia paura, che il mio Io è più ampio della mia paura e può contenerla e dialogare con essa.
Riesco a sentire la voce che dentro mi ripete continuamente “non temere”.
Riesco ad accogliere come un dono la mia paura e sentire cosa vuol rivelarmi di me, dove mi vuole condurre.
Posso riprendere contatto con il mio Vero Sé, e la mia bambina ferita, arroccata nelle sue difese, può sciogliere le lacrime congelate, l’iceberg di emozioni esplosive, ed aprirsi a relazioni di pace.
E questo ricominciando ogni giorno nella fedeltà alla pratica meditativa e al lavoro interiore, per costruire un mondo di pace.
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