Durante l’attuale emergenza pandemica abbiamo assistito ad un ulteriore aggravarsi della già avanzata deriva scientista-tecnocratica delle società moderne. È stata infatti soprattutto l’unilateralità materialistico-burocratica delle politiche sanitarie a generare uno spaventoso malessere supplementare aggiuntosi a quello già intrinseco del virus. La scienza stessa, specie se consideriamo l’ambito della pubblica informazione, è stata ridotta quasi sempre ad un penoso fideismo scientista (la cosiddetta “fede nella scienza” come nuovo imperativo di massa), il quale peraltro – dando luogo puntualmente ad una catasta spropositata di contraddizioni e ripensamenti su ciò che fino a un istante prima si pretendeva di “assicurare” e “garantire” – ha rivelato piuttosto la sua natura neo-oscurantista, nutrita delle superstizioni e delle paure primordiali volontariamente alimentate nell’animo dei cittadini (già di per sé non poco terrorizzati). L’esasperarsi di questo fenomeno tuttavia rimanda ad una crisi molto più antica e profonda, risalente perlomeno al XIX secolo, quando il modello di conoscenza oggettivistico-scientifico iniziò a imporsi in tutti gli ambiti del sapere, creando una vera e propria frattura rispetto a ciò che più tardi Husserl avrebbe chiamato mondo della vita. Con questa espressione il filosofo si riferiva a quella sfera più immediata ed esperienziale del nostro essere-al-mondo che di per sé non si lascia ridurre né spiegare dalla sola razionalità calcolante. Lo stesso Husserl, provenendo dall’alveo del pensiero logico-matematico, si rese conto che proprio l’estremizzarsi della tendenza specialistica delle scienze esatte aveva prodotto già al suo tempo la perdita mortale di quell’orizzonte originariamente unitario (e quindi vivente e vitale) del sapere umano. Scriveva perciò nel 1922: [Leggi di più…]
Al passo coi tempi che corrono
Si è chiuso per tutti noi un anno non facile, un anno ancora vessato e venato da questa orribile emergenza che non cessa di procurarci incertezze, ansia e spaesamento nei confronti del futuro più immediato. La cosa che personalmente mi ha dato più difficoltà fin dall’inizio dell’epidemia non è stata tanto la prova in sé, ma il non avere alcuna idea della sua durata complessiva, il non poterne intravedere una fine in qualche modo circoscritta. E nonostante di sviluppi ve ne siano stati numerosi, la situazione sembra essere ancora profondamente incerta (a dispetto delle chiacchiere dei ciarlatani che festeggiano la crescita del PIL come l’inizio di una nuova età dell’oro).
Di fatto ci sembra sempre di essere daccapo, di essere dunque in gabbia, prigionieri di un carcere dalle mutevoli forme e dimensioni, ma con un medesimo retrogusto di fondo, stantio, acre e soffocante, un incrocio tra il gelo di una cantina senza luce e la camera d’ospedale disinfettata con l’alcol. Proprio così, siamo entrati nel 2022 e il nostro Io, più che di festeggiare e sperare, avrebbe voglia di rinchiudersi ancora di più nella propria cella mortuaria, priva d’aria, essenzialmente suicidaria. Qualunque messaggio onesto per il nuovo anno non può a mio parere che cominciare da un fatto: che la nostra anima vaga oggi nel deserto. [Leggi di più…]
Abdicare nel nome del Regno
Men’s curiosity searches past and future
And clings to that dimension. But to apprehend
The point of intersection of the timeless
With time, is an occupation for the saint —
No occupation either, but something given
And taken, in a lifetime’s death in love,
Ardour and selflessness and self-surrender.
Questi versi di Thomas Eliot, tratti dal terzo dei Quattro quartetti, in italiano potrebbero suonare pressappoco così: «La curiosità degli umani esplora passato e futuro / E si avvinghia a quella dimensione. Ma afferrare / Il punto di intersezione del senza tempo / Col tempo, è un lavoro da santi – / E neppure un lavoro, ma un che di donato / E ricevuto, nel morire di una vita nell’amore, / Nell’ardore, nell’abnegazione, nella resa di sé». [Leggi di più…]
IL VIAGGIO PIÙ BELLO
è
VERSO IL SOGGETTO RIVOLUZIONARIO
1.
L’altra sera, vegetando per un istante di fronte alla Tv,
ascoltavo dibattiti politici uno peggio dell’altro.
Ad un tratto allora mi sono detto:
ma è possibile oggi parlare pubblicamente
di cose come il pensiero, le relazioni umane,
il piacere profondo della contemplazione e della conoscenza?
Cose in fondo molto semplici, e umane,
che tra l’altro (chi le esercita lo sa)
fanno tanto bene alla salute.
Ma sono parole che sentiamo dire in giro,
anche solo per sbaglio?
Oppure le nostre istituzioni,
che si riempiono tanto la bocca di paroloni,
non ne hanno nemmeno la più pallida idea?
La Rivoluzione spirituale della democrazia
Nel suo ultimo libro, intitolato Dall’io al noi,
Mauro Scardovelli prova a spiegarci perché la nostra democrazia,
e la Costituzione repubblicana che ne è alla base,
necessiti oggi di una urgente rigenerazione a partire anzitutto
da una profonda revisione dei nostri cuori e delle nostre menti,
ossia da un lavoro personale di liberazione interiore che,
in spirito del tutto laico e moderno, coinvolga tutti i cittadini
nell’edificazione di un nuovo modo – più umano e sano –
di coabitare sulla Terra.
L’arte e la creatività ai tempi del Covid
Vi siete chiesti perché gli habitat del sapere e del creare umano siano sempre le prime istituzioni ad essere penalizzate in tempi eccezionali? E dire che se ne è parlato pochissimo. Quasi per nulla, almeno in ambito pubblico. I luoghi della cultura, a partire dai teatri fino alle scuole e alle biblioteche, sono sempre i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire. E tutti lo diamo per ovvio.
Meditare il Risorto
Un segno noi siamo, senza significato,
senza dolore siamo e quasi perduta
abbiamo la parola in terra straniera.
Laddove infatti sopra agli umani
una contesa sta nel cielo e travolgenti
vanno le lune, parla allora
anche il mare e i fiumi stessi
debbono cercarsi un sentiero. Senza dubbi
è però uno solo. Colui
che di giorno in giorno può mutarlo. Non appena abbisogni
di legge. E risuona allora la foglia e querce alitano
presso il ghiacciaio. Giacché non tutto
possono i Celesti. Pervengono perciò
i mortali all’Abisso. Si volge così l’Eco
con questi. Lungo è
il tempo, accade appropriandosi tuttavia
il Vero.
Imparare a nascere. Un libro, un cammino.
Caro Francesco, con queste parole vorrei esprimere la mia partecipazione e contentezza per la pubblicazione di questo tuo scritto, ringraziandoti anche per tutti gli anni di grande amicizia e lavoro creativo condivisi con te e con gli altri ragazzi. Lo sento davvero come un onore.
Ricordo molto bene quando, nel novembre del 2017, avemmo l’idea di iniziare un ciclo di dirette su Facebook per dar voce ad una profonda sete di annuncio, di dialogo sperimentale con un pubblico allora ancora modesto, in un periodo della nostra vita non facile, soprattutto per te, ma in genere per tutti noi del gruppo Humus, nato da poco e perlopiù ai primi passi. Ricordo che fu tua l’idea di ispirarci ai grandi anniversari rivoluzionari di quell’autunno, e tentammo perciò queste dieci dirette, ognuna di circa un’ora, pensate (con lo spunto di Lutero) come dieci tesi rivoluzionarie per una rinascita poetica della cultura contemporanea.
Avvampa il Fuoco prima dell’alba
L’intero ciclo della civiltà moderna può essere anche interpretato come un gigantesco risveglio del Fuoco trasformativo dello Spirito di Cristo nel tessuto vivente e sofferente della storia umana.
Se si pensa all’accelerazione dei tempi cui il mondo e le vite di ognuno sono state sottoposte nei soli ultimi due secoli, c’è davvero da impallidire di fronte all’energia immensa, messianica, spesso distorta e catastrofica, manifestata dall’essere umano. Oggi però, quasi fosse l’esito di un karma inaspettato, questa crescita erotico-tecnica sembra essere pervenuta ad un punto di cecità, di sterilità, che in definitiva le toglie qualsiasi terreno di sostenibilità e fondatezza da sotto i piedi.
O almeno così sembra. [Leggi di più…]
Nascere è opera dello Spirito
Nascere per l’umano non è mai stata cosa facile. E ciò da quando l’uomo ha memoria di se stesso. Dio dice infatti ad Eva nel libro della Genesi: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli» (Gen3,16). Alcuni miei versi fanno da eco a questa antica maledizione biblica, portando alla parola lo spaesamento e la violenza carnali che accompagnano l’evento della nascita, metafora condensata dell’intera condizione mortale dell’essere umano sulla terra: [Leggi di più…]
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