Quando ho letto il titolo dell’Intensivo 2016 di Santa Marinella – del fine settimana che è il punto forte e culminante del percorso annuale del movimento Darsi Pace – mi sono subito sentito chiamato in prima persona. Il potere è creazione. No, ma io devo andare, mi sono detto. Mai come in questo caso io devo andare.
Mediterranea 2015, diario di bordo
Arrivando con i ragazzi a Canakkale, dove è ferma ad attenderci la barca, già lo presento. Forse questo che mi attende, è un altro modo di fare scienza, meno riduzionista. Un modo più olistico e meno cartesiano, mi verrebbe da pensare. Dove il sistema non è facilmente circoscrivibile all’ambito asetticamente accademico, come (in una prima, imperfetta approssimazione) può sembrarlo in una classica aula universitaria. Dove la materia che insegni si impasta necessariamente con l’umanità di chi apprende. Dove – come insegna la meccanica quantistica – l’osservatore è parte integrante e significativa dell’ambiente osservato.
Discese ardite (e risalite)
E’ una strana sensazione quella che avverto adesso, giunto circa alla metà del triennio introduttivo nel percorso di Darsi Pace. Non so, a me pare che anche qui “i tempi si fanno brevi”. A questo punto del cammino, ogni cosa è pesante come un sasso. Pesante nel senso di “pondus”, un peso di argomenti e motivi, per cui svicolare è sempre più difficile. Farsi scivolare queste cose addosso, senza far nulla, è sempre più faticoso. [Leggi di più…]
Un’onda nuova
Siamo abituati così, a lasciar scorrere la scienza così, appena accanto alle cose che ci interessano, di cui ci occupiamo giornalmente. Forse non una presenza scomoda, certo no. Però spesso ininfluente, nella vita quotidiana. Ci sono però momenti nei quali anche l’ambito solitamente ristretto ed impermeabile della ricerca, così usualmente ben confinato, deborda. E accade che improvvisamente i media si accorgano della quantità di persone e di risorse impiegate cercando di comprendere come funziona l’universo, nell’investigarne i meccanismi segreti, le dinamiche più riposte. Un anelito antichissimo, un tempo territorio del mito, oggi campo di indagine squisitamente razionale.
Imparare a parlare
“Siamo chiamati perciò in un certo senso a reimparare a parlare, e quindi ad essere Chiesa (…) Sarà questo immenso setaccio spirituale a rinnovare anche le forme in cui le comunità cristiane si sono finora organizzate, e forse ad avviare seriamente quella riunificazione dei cristiani che finora sembra rimanere una pia aspirazione.”
Cura
No, no. Certo non mi fa piacere riconoscere di avere delle ferite. Non mi fa piacere nemmeno ammetterlo perché – dopo l’imbarazzo iniziale – questo mi lascia più scoperto, più esposto. Ma anche, devo dirlo, “stranamente” più lieto. Insomma, come se mi fossi tolto un peso di dosso che non mi faceva respirare.
Perché l’istinto è quello: quando mi trovo addosso l’evidenza della ferita, quando avverto il disagio, l’istinto è quello di correre a nascondermi. Ok, aspettiamo tempi migliori, momenti più adatti. Poi ci ripresentiamo in pubblico, davanti al mondo. Mi costa molta più fatica ammettere il disagio – ammetterlo prima di tutto davanti a me stesso. Accettarlo, farlo entrare nella vita, dargli cittadinanza. Mi è costato molta fatica e molta incertezza, percorsi tortuosi, indecisioni e tormenti, ammettere il mio bisogno di aiuto, di “cura”.
Stare sul pezzo (age quod agis)
L’ho letto (ironia della sorte) proprio sul telefonino, mentre ero al supermercato, in fila al banco per gli affettati. Mi sono ritrovato molto nel messaggio inviato da Marco Guzzi alla pagina Facebook di Darsi Pace. L’ho sentito come un messaggio per me, esattamente.
STARE SUL PEZZO si diceva in fabbrica, stare su ciò che si deve fare
Age quod agis, dicevano i gesuiti: fa’ ciò che stai facendo.
nascenti
Sta terminando ora il mio primo anno di praticante in Darsi Pace, così quel lavoro iniziato nell’ottobre del 2014 – e quanto tempo mi sembra passato da allora – sta arrivando ad un punto importante, ad un primo piccolo ma significativo traguardo. Se ci penso, intravedo già, anche ad uno sguardo distratto, una ricchezza di parole, di incontri, di suggestioni culturali e spirituali, che solo a pensarci fa compagnia.
Le parole dell’insurrezione
La cosa più onesta da dire è che non sapevo proprio cosa aspettarmi. Essendo un praticante del primo anno, era la mia prima occasione di partecipare ad un intensivo. Questi tre giorni che ogni anno riuniscono tutte le annualità di Darsi Pace rappresentano certo un momento forte e qualificante del percorso. Questo lo capivo. Ciò che certamente non mi aspettavo era di poter venire preso, esattamente nel punto dove mi trovo, agganciato e portato su una traiettoria percorribile, motivata. Di procedere da arcata ad arcata, sopra il placido mare di Santa Marinella (dove eravamo riuniti), percorrendo gli infiniti chilometri che separano il non senso dalla prospettiva ragionata e pertanto (di nuovo) ragionevole di un cammino. Possibile, pensabile. Pronunciabile. A parole.
Nel silenzio
Ciò che mi avvince di più dei due giorni che precedono la Pasqua, è che sono i giorni del silenzio. Il silenzio è spettacolare, per me. Semplicemente spettacolare. Più vado avanti nella vita più sento che il silenzio è uno spettacolo. Più cresco più avverto il silenzio come confacente al cuore.
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