C’è chi dice che sia un’invenzione umana, una proiezione dei nostri abissi più oscuri. Chi lo accetta come un simbolo, un nome sotto cui raccogliere l’immenso groviglio dei mali commessi dall’uomo. Per gli ultimi papi è invece una presenza reale, uno spirito con una sua individualità, un soggetto attivo nella partita del vivere dotato di intelligenza e capacità operativa. E allora, chi è il diavolo? Esiste davvero? E se esiste, in che modo agisce? Organizzando un sistema generale centrato sull’ego, che ci tiene tutti sotto il suo scacco, carichi di paura, avidità e risentimento? Oppure colpendo una a una le singole persone, con piccole punture di spillo, con ansie o – nei casi estremi – con la possessione?
Apriamo questo forum sul ruolo che, secondo voi, l’avversario ha nelle nostre vite. Raccontate la vostra impressione, le esperienze che vi è capitato di conoscere, direttamente o indirettamente. Fa bene la Chiesa a rivalorizzare la pratica dell’esorcismo o è roba da medioevo? È vero, come dice padre Amorth, l’esorcista più famoso d’Italia, che la zampa di Satana è entrata persino in Vaticano? E che vesti ha oggi il diavolo, è ancora il caprone con le corna o ha il fascino sottile di un elegante uomo di potere?
Di seguito, come introduzione, un articolo del vaticanista Gianfranco Zizola pubblicato da Repubblica, che illustra la storia del rapporto, non sempre coerente all’insegnamento di Cristo, tra la Chiesa e il principe di questo mondo.
I cristiani e il potere del male
di Giancarlo Zizola
Negli ultimi anni la dottrina cattolica sull’ esistenza del diavolo è stata messa in dubbio da più di un teologo. Urs Von Balthazar diceva di credere nell’ Inferno ma anche che lo riteneva vuoto. E Borges azzardava che forse i teologi, che avevano esagerato i vantaggi del Paradiso non essendoci mai stati, non avrebbero potuto giurare chei reprobi all’ Inferno fossero sempre infelici: come immaginare che una fabbrica così sadica, vendicativa e inarrestabile di tortura dei dannati, una Auschwitz eterna possa essere compatibile con l’ idea cristiana di un Dio misericordioso? Il minimo che si esigeva dalla teologia era di rimodellare l’ idea della Geenna, destinata ai malvagi. Soprattutto tenendo in maggiore considerazione il ruolo di salvezza assegnato alla figura di Gesù: i Vangeli raccontano le sue lotte contro i demoni, ma anche le loro disfatte e le guarigioni operate sugli indemoniati. Il Credo cristiano dice che dopo morto egli scese tre giorni agli Inferi con altrettanta potenza liberatoria ma una lettura pigra di quell’ evento sembra trattenerlo agli Inferi per molto più tempo. La maggior parte dei biblisti pensa che non sia possibile,o comunque sia piuttosto rischioso, negare l’ esistenza di spiriti maligni. Molti temono che una cerimonia troppo disinvolta di addio al diavolo potrebbe far parte della sua tattica. Citano Baudelaire: “L’ astuzia più raffinata del diavolo è di persuadervi che non esiste”. Il licenziamento teologico del diavolo produrrebbe l’ insignificanza del male nei contemporanei ma questa censura non sembra abbia l’ effetto di porre fine al suo evidente successo. Nel 1972 Paolo VI è il primo a lamentare che il “fumo di Satana” si sia infiltrato da qualche fessura anche «nel tempio di Dio». Si rompe l’ incantesimo post-conciliare su un approccio indiscriminato della Chiesa al mondo moderno. Il Papa reagisce a una interpretazione del dialogo con la cultura dei Lumi che potrebbe risolversi in una liquidazione delle soglie critiche della coscienza cristiana di fronte al mondo e dunque in una omologazione della Chiesa ai “poteri del male”. Sulla stessa linea Wojtyla lancia dal Monte Gargano, mitico luogo di lotte anti-demoniache, la sfida ai cattolici a sguainare di nuovo la spada di San Michele Arcangelo «contro il dragone, il capo dei demoni, vivo e operante nel mondo». I suoi segni non sono più le corna, il piede caprino, l’ odore dantesco di zolfo ma «consumismo, sfruttamento disordinato delle risorse naturali, voglia sfrenata di divertimento, individualismo esasperato». Negli stessi anni il cardinale Ratzinger ricorda «a certi teologi superficiali» che il diavolo è per la fede cristiana «una presenza misteriosa ma reale, personale, non simbolica, una realtà potente, una malefica libertà sovrumana opposta a quella di Dio». Rivendica al cristianesimo di avere introdotto in Occidente «la libertà dalla paura dei demoni» ma teme che «se questa luce redentrice di Cristo dovesse spegnersi il mondo con tutta la sua tecnologia ricadrebbe nel terrore e nella disperazione». Segnali di ritorno di forze oscure, secondo il futuro Papa, sono i culti satanici in aumento nel mondo secolarizzato, l’ espansione del mercato della pornografia e della droga, «la freddezza perversa con cui si corrompe l’ uomo, l’ infernale cultura che persuade la gente che il solo scopo della vita siano il piacere e l’ interesse privato». Sono i primi tentativi della dottrina cattolica per far uscire la descrizione del diavolo da un linguaggio tradizionale ormai incomprensibile dalla stragrande maggioranza dei contemporanei. Il diavolo esiste ma assume le nuove forme delle ingiustizie e delle alienazioni. Il suo teatro non è solo il cuore umano ma anche la struttura sociale. Un teologo come Bernard Haring raccomandava molta cautela considerando il modo fantasioso con cui era stata riprodotta la dottrina sul diavolo: «Oggi lo psichiatra si mostra competente nella maggior parte dei casi nei quali si usava far intervenire l’ esorcista – dice -. La Scrittura non conosce quel tipo di discorso alienante sul diavolo che è stato coltivato nei secoli dai cristiani delle diverse Chiese sotto l’ influsso di culture in cui si realizzava una spaventosa alienazione». E Karl Barth rispondeva a chi chiedeva se dubitasse del diavolo: «Esiste pure quella bestia. Ma quando interviene la fede in Cristo mette la coda tra le gambe e non si fa più vedere».
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