Durante l’intensivo di fine anno a Sacrofano, Marco Guzzi ha detto una frase che mi ha colpito molto: “Gli schiavi sono sempre di corsa”. Quando l’ho sentita, è stato come se qualcuno stesse dando finalmente nome a un sentimento che provo da tanto. Sono un’infermiera e lavoro in un reparto di riabilitazione: ogni giorno sento che nel sistema sanitario il tempo è qualcosa di molto prezioso, ma che manca sempre.
Il problema più grande negli ospedali, a mio avviso, è che il numero di pazienti per infermiere sta diventando costantemente più alto. C’è continuamente meno personale curante per molti pazienti che hanno sempre più necessità di cure “specifiche”. Questo sostanzialmente è quello che viene ripetuto ormai da anni, ma quando si fa notare ai propri superiori che il carico di lavoro è troppo elevato, la risposta è spesso la seguente: -sarà sempre peggio perché i pazienti diventeranno esponenzialmente più malati e anziani nei prossimi anni, siccome l’epidemiologia sta cambiando- e quindi in modo molto semplicistico: -bisognerà adattarsi-.
Queste affermazioni andrebbero davvero pensate e ripensate, invece spesso vengono dette in maniera molto superficiale, con un messaggio subliminale di fondo: accontentatevi, non c’è soluzione e questo è il migliore dei mondi possibili.
Non c’è spazio per la riflessione, non c’è spazio per chiedersi: “ma dove stiamo andando in questa società?”, “perché questi pazienti diventeranno sempre più malati e anziani?”, ma soprattutto: “quale sarà il ruolo di noi professionisti della salute (come ci chiamano), in questo cambio che si prospetta?” [Leggi di più…]
PRENDERSI CURA DEI MALATI È UN GESTO REGALE
Alla fine della vita – un medico di fronte alla morte
Pier Luigi Masini, medico di medicina generale, membro del Gruppo di Creatività Culturale DarsiSalute, ci narra in questo video che cosa significhi per un medico il continuo confrontarsi con la morte.
Infatti, ci rivolgiamo al medico quando stiamo male, a vari livelli, e questo vuol dire che il medico lavora costantemente dentro la fragilità umana e, in ultimo, la mortalità. [Leggi di più…]
Qual è l’obiettivo?
Alcuni giorni fa scartabellavo della vecchia documentazione sanitaria e mi è venuto sotto mano un grosso plico di campi visivi: una bella collezione, da quando ero bambina a quando la cecità ha messo termine a questa girandola dell’inutile.
Era iniziato tutto in modo molto ragionevole. Una bambina stava perdendo vista senza una diagnosi e senza una causa nota, quindi il monitoraggio dell’andamento del campo visivo pareva cosa buona e giusta. Negli anni però la faccenda si è avvoltolata a tal punto che la ritualità del campo visivo annuale era rimasta in sottofondo, senza essere messa più in discussione.
In realtà, già prima di arrivare alla cecità totale, avevo deciso di mettere fine a quella agonia oziosa. [Leggi di più…]
Dove la sensibilità comune rimane virtù
Quando lo sentii per la prima volta sulla BBC, ne fui piacevolmente colpita, direi ammirata. L’avevo considerato un passo in avanti, come del resto era stata presentata la notizia.
I medici di medicina generale inglesi hanno la possibilità di prescrivere non soltanto farmaci, ma anche prestazioni sociali.
Se una persona mostra segni di depressione in un ambiente di vita piuttosto isolato, il medico ha la possibilità di inviarla, tramite regolare impegnativa, ad un centro che in modo specifico si fa da tramite verso le realtà associative della zona.
La persona così potrà trovare occasioni di incontro con altri svolgendo attività che possano attirare il suo interesse e attivare le sue risorse di coping. [Leggi di più…]
Certamente artificiale, ma ben poco intelligente
Inizio con una storia vera, ma essendomi giunta tramite un passaparola, la pongo nel cassetto degli aneddoti. Non per questo ha meno valore, almeno per quel che mette in evidenza.
Una collega mi ha raccontato che una sua amica era stata operata di nuovo, per tamponare alcune complicanze che si erano presentate dopo un precedente intervento chirurgico.
Data la natura dell’operazione, in ospedale le stavano effettuando iniezioni di eparina per la prevenzione di trombi. Un giorno un’infermiera arriva con una nuova pillola dicendole che è un farmaco coagulante. Avendo la signora fatto notare l’opposta funzione dei due farmaci, chiede spiegazioni e il medico risponde: ma lo dice l’algoritmo! [Leggi di più…]
Pubblico e privato
Chiunque si trovi nella necessità di prenotare una visita specialistica all’ASL, avendone già avuto qualche esperienza, sa bene di doversi mettere il cuore in pace: alcuni mesi di attesa sono il minimo, talvolta si gira l’anno.
Se però si desidera velocizzare i tempi, si può optare per la visita a pagamento in intramoenia: stesso medico, stessi locali, stesse apparecchiature, ma il portafoglio aperto in modo diretto fa magicamente abbreviare la lista d’attesa a pochi giorni.
Se invece si vuole scegliere una prestazione privata pura, è sufficiente rivolgersi a uno dei tanti centri medici disseminati per la città – sempre ovviamente con la carta di credito pronta all’uso.
Il disincanto verso il servizio pubblico si sta facendo così evidente che ormai non ci fa quasi più effetto constatarlo, lo diamo per scontato. [Leggi di più…]
Ma… che cos’hai?
Ecco, lo sapevo che saremmo arrivati lì. La domanda è pressante. Sento l’attesa del mio interlocutore. Cerco affannosamente nel mio cervello per recuperare una risposta che non ho.
Piacerebbe saperlo anche a me. Avere una diagnosi cui appellarsi, un’etichetta da esporre, un nome da pronunciare, una specie di “tana libera tutti” che metta la mia ansia in pace e plachi la bramosia di chi mi sta davanti.
Le cose però non sono sempre così nette e chiare. [Leggi di più…]
Ritornare dopo la delocalizzazione
Prevenire è meglio che curare: uno di quegli slogan che la pubblicità produce e poi si infila nella memoria di ciascuno di noi fino a diventare una mentalità acquisita.
Del resto, pare proprio ragionevole: preferiamo certamente evitare di ammalarci piuttosto che stare male e poi dover affrontare tutta la fatica del tentare di risalire al punto precedente la malattia.
Tuttavia, credo che anche in questo ambito siamo caduti in un paradigmatico fraintendimento. Infatti, il sistema di prevenzione messo in piedi è perfettamente sintonizzato sulle disarmonie di una umanità nel suo stato ego-centrato, ben modellato da una struttura economico-sociale di un sistema finanziario compulsivamente consumista. [Leggi di più…]
UNIRE PER SALVARE Il percorso verso l’unificazione, verso la salvezza, verso la Salute
A nessuno verrebbe mai in mente di dire, di una persona affetta da schizofrenia, che questa stia bene. Il termine schizofrenia – etimologicamente mente divisa – è stato coniato nel 1908 dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, sostituendo il precedente dementia praecox, per porre l’accento sulla separazione delle funzioni mentali che caratterizza chi ne è affetto. Prendo come esempio questo disturbo psichiatrico emblematico per iniziare a suggerire qualcosa di teoreticamente noto a quasi tutti ma praticamente noto a molti meno, anche tra coloro che operano nel campo della salute: la separazione è malattia. Se è vero che l’Essere Umano è in un costante rapporto dialettico con se stesso, che esso è un dialogo vivente (Stanghellini, 2017), l’interruzione di questo dialogo tra le varie parti che lo animano non può che ostacolare lo scorrere della Vita, bloccandola, disperdendola e provocando così l’insorgere del mal-Essere, della patologia. [Leggi di più…]
Il medico: mistico-tecnico tra coscienza e conoscenza
Penso che curare le persone sia un atto sacro. Eppure troppo spesso noi medici ci limitiamo a fredde prescrizioni mirate a specifici problemi organici, liquidando i pazienti in tempi piuttosto brevi e non occupandoci minimamente di chi siano o di cosa stiano vivendo.
La cura dovrebbe invece riguardare prima di tutto l’anima. Cosa può significare?
Chiunque, cercando di aiutare qualcuno, si occuperebbe di chi si trova davanti: da dove viene, come vive, in cosa crede, come sta. Inveceil medico no, è in grado di guardare l’esito di un esame su un monitor o un foglio di carta e di prescrivere una terapia basandosi unicamente su quel risultato. Poche parole, spesso dette male. Parole male-dette che feriscono. “Lei ha la tal malattia, assuma questa medicina”. Io ho una malattia? E come mi è capitato? Nessuno sa veramente spiegarlo. Capita che ci ammaliamo, a volte perché siamo stati esposti a qualche sostanza velenosa, altre per cattive abitudini, altre ancora per aver subito dei traumi fisici. Ma la maggior parte delle volte, che sia un raffreddore o una malattia mortale, non sappiamo definirne la vera causa primaria. Possiamo dire che le difese immunitarie erano deboli o che c’era una predisposizione genetica, ma la quota di “sfortuna” pare spesso essere maggioritaria. [Leggi di più…]
Siamo anche su