Pubblichiamo i video delle due conferenze tenute da Marco Guzzi l’11 luglio 2015 al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, presso Isola del Gran Sasso, in provincia di Teramo.
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Perdono e guarigione
La resa
“A tutti voi, se ricevete questa lettera significa che sono ancora ostaggio, ma i miei compagni di cella (a partire dal 2/11/2014) sono stati rilasciati. Gli ho chiesto di mettersi in contatto con voi e di inviarvi questi miei pensieri. È difficile trovare le parole giuste. Sappiate che io sono in un luogo sicuro, completamente incolume e in salute (ho messo su peso, infatti); sono stata trattata bene, con il massimo del rispetto e della gentilezza. Avevo il desiderio di mandarvi una lettera su cui avessi riflettuto molto (ma non sapevo se i miei compagni di cella sarebbero stati liberati nei prossimi giorni o nei prossimi mesi, riducendo così il mio tempo).”
Lettera di Kayla Mueller, americana, cooperante nell’ospedale di Aleppo, in Siria, fatta prigioniera nell’agosto del 2013 e dichiarata morta nel febbraio del 2015 dall’Isis; all’indomani della notizia della sua morte la famiglia ha deciso di rendere nota questa sua lettera.
Giochiamo?
Se penso al gioco e al giocare, la prima cosa che mi viene in mente sono bambini sudati che si rincorrono, o seduti per terra tutti intenti ad escogitare qualche nuova avventura. È il ricordo piacevole e ancora vivo di un’infanzia, la mia, fatta di spazi estivi dilatati, pieni dell’entusiasmo di inventare il proprio tempo insieme con una combriccola di piccoli amici.
Poi si diventa grandi e il gioco diventa un’attività sempre più marginale, da nascondere nelle pieghe di altre attività più produttive e socialmente accettate. In fondo per tanti anni al gioco non ho pensato più, tutta intenta a realizzare concretamente gli obiettivi che ritenevo giusti per la mia vita.
Poi durante un esercizio del terzo anno di Darsi Pace è successa una cosa inattesa. [Leggi di più…]
Intimità
E’ una giornata di dicembre grigia e nebbiosa, sono in casa, mi sento affaticata e stanca ma non so perché, ho bisogno di caldo e di consolazione, così mi preparo una tazza di tisana, arancia e cannella.
Il profumo sale fin dentro alle narici, annuso e pregusto il sapore forte e il caldo che scende fin nelle viscere, mio marito mi chiama per mostrarmi una foto del nostro albero di Natale: “vorrei usare questa per fare gli auguri quest’anno che ne dici?”
Mi perdo un momento in questa immagine, osservo il mio angioletto di pezza appeso che sembra voglia dirmi qualcosa, sorride serafico.
Benedetta ernia
Sono le 8 del mattino. Dopo mesi di titubanza e visite mediche ripetute, eccomi fisicamente pronto sul letto d’ospedale per l’intervento di ernia inguinale programmato in day surgery. Il pre-operatorio è concluso; l’ultimo atto è stata la depilazione la sera precedente. Sto solo aspettando il chirurgo per la visita finale, prima di essere condotto in sala.
Ma la mia mente non è tranquilla. Gli stessi dubbi che mi avevano attanagliato qualche anno prima, quando alla fine mi feci operare di un’altra ernia ombelicale, aggrovigliano di nuovo i miei pensieri.
Cura
No, no. Certo non mi fa piacere riconoscere di avere delle ferite. Non mi fa piacere nemmeno ammetterlo perché – dopo l’imbarazzo iniziale – questo mi lascia più scoperto, più esposto. Ma anche, devo dirlo, “stranamente” più lieto. Insomma, come se mi fossi tolto un peso di dosso che non mi faceva respirare.
Perché l’istinto è quello: quando mi trovo addosso l’evidenza della ferita, quando avverto il disagio, l’istinto è quello di correre a nascondermi. Ok, aspettiamo tempi migliori, momenti più adatti. Poi ci ripresentiamo in pubblico, davanti al mondo. Mi costa molta più fatica ammettere il disagio – ammetterlo prima di tutto davanti a me stesso. Accettarlo, farlo entrare nella vita, dargli cittadinanza. Mi è costato molta fatica e molta incertezza, percorsi tortuosi, indecisioni e tormenti, ammettere il mio bisogno di aiuto, di “cura”.
La mia emozione preferita
Da bambini ci facciamo domande come “qual è il tuo colore preferito?” o “qual è la tua squadra del cuore?”.
Se invece qualcuno mi chiedesse “qual è la tua emozione preferita?” cosa risponderei? La paura, credo.
Fedele compagna di viaggio, non mi ha più lasciata da quando ci incontrammo per la prima volta. Non so esattamente quando accadde, penso però molto presto.
L’anima
“Non trovo io qualcosa cui si possa paragonare la grande bellezza di un’anima e la sua grande capacità. […] E veramente a stento arrivano a comprenderla le nostre facoltà d’intendere, per quanto acute, come non possono arrivare a considerare Dio, poiché Egli stesso dice di averci creato a Sua immagine, e somiglianza. […] Consideriamo la nostra anima come un castello, fatto tutto da un diamante, o da un cristallo chiarissimo, nel quale ci sono molte camere, come nel Cielo ci sono molte dimore […] castello meraviglioso e risplendente, questa perla orientale, quest’albero di vita piantato nelle stesse acque vive della vita che è Dio.” (Santa Teresa d’Avila)
Cosa è cambiato e cosa sta cambiando in noi dopo il secondo anno di darsi Pace?
Come partecipanti al gruppo DP di Palazzolo S/Oglio, ci siamo posti questa domanda alla ripresa dei nostri incontri dopo la pausa estiva. Una verifica spontanea tra noi per condividere le nostre motivazioni prima di iniziare il terzo anno di cammino. Un cammino che ci ha coinvolto profondamente.
Sulla brezza dell’alba
Mi chiamo Giacomo, ho 26 anni, e sto iniziando a conoscere la realtà di Darsi Pace. Condivido con voi la mia risposta alla e-mail per i gruppi di creatività culturale, dove Marco chiedeva perché i gruppi Darsi Pace nascono proprio ora, ed a quale bisogno tentano di rispondere in questa fase così estrema della nostra vita, sperando che possa essere un contributo in qualche modo utile per tutti! Se si osserva la data, è il 14 Novembre 2015. Credo che anche solo la data basti, innanzi ai fatti di Parigi successi ieri, a rispondere.
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