TRA LO SCHERNO DEGLI ATEI E LA CONDANNA DELLA GERARCHIA, LA VITA DIFFICILE DEI CATTOLICI ADULTI
C’è suor Maria Martinelli, medico e missionaria in Africa che distribuisce i preservativi perché si ha “il dovere morale di non trasmettere l’infezione dell’Aids”. C’è Elisa Nicolosi della clinica milanese Mangiagalli, fiera di far nascere 250 bambini l’anno con la fecondazione assistita. C’è Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dei Medici cattolici di Milano, che sostiene la donazione alla ricerca degli embrioni congelati. Cos’hanno in comune? Sono tutti cattolici che non fanno dell’obbedienza al papa il cuore centrale della loro fede. Ma che, nello stesso tempo, rifiutano i toni aspri contro la Chiesa, tipici di quella parte del mondo laico fomentato dalle invettive dei cosiddetti atei furiosi.
Sono cattolici cioè che concepiscono la loro fede non in rapporto alle gerarchie ecclesiastiche ma in rapporto con qualcosa che ritengono molto più importante: l’amore verso il mondo. La compassione. La misericordia insegnata nel Vangelo. A raccogliere queste ed altre storie di cattolici disobbedienti, o semplicemente adulti, è Riccardo Chiaberge, direttore del supplemento domenicale del Sole 24 ore, in un libro che si chiama “Lo scisma, cattolici senza papa”, pubblicato da Longanesi. Un testo che si mette sulla scia del lavoro presentato dieci anni fa da Pietro Prini, “Lo scisma sommerso”, dove si parla appunto di quei credenti saldamente consapevoli della propria laicità che, anziché al dettato del clero, guardano alle prove e alle risposte della vita quotidiana. Cattolici fieri di dichiararsi tali, senza vergogne né timidezze, spesso con pratiche personali molto assidue, che però non hanno timore di schierarsi contro la voce della gerarchia quando la percepiscono come un freno al loro desiderio d’amore verso il mondo.
Uno scisma di fatto, è la tesi di Prini e di Chiaberge. E per certi versi anche di diritto. Secondo il codice di diritto canonico, infatti, lo scisma è “il rifiuto della sottomissione al Sommo pontefice”, sanzionato con la scomunica latae sententiae. E non ci sono soltanto questi due testi a far da guida al popolo dei credenti senza etichette, novero sempre più vicino al punto di massa critica. C’è per esempio il saggio “Il Dio personale”, scritto da Ulrich Beck, docente di sociologia a Monaco di Baviera e a Londra, che descrive una ricerca spirituale dei singoli individui largamente diffusa in tutta Europa. Un Dio “fai da te” intriso di sincretismo? No, dice Beck, “ma una religione nella quale l’uomo è sia credente sia Dio”. Che prospettive apre la consapevolezza di una ricerca che fa i conti con la dottrina della Chiesa senza rinunciare a un’analisi critica? Che rapporto è possibile con la messa che contiene misteri iniziatici potentissimi e insieme un senso asfissiante di conformismo? Quale con il sacerdote, che ascolta il prossimo come tanti amici veri non sanno più fare, ma che si ferma di fronte al limite imposto dal suo obbligo di obbedienza? Qual è in generale il nostro modo, se c’è, di sentirci cattolici adulti? Quali le difficoltà che incontriamo tra l’incudine della Chiesa e il martello del collega ateo che ci schernisce? Troppo eretici per la parrocchia, troppo bigotti per gli amici? Come ci si sente in mezzo al guado?
“Oggi – scrive il teologo Vito Mancuso – l’unico Dio accettabile è il Dio che sta totalmente e concretamente dalla parte dell’uomo. E con ciò non siamo lontani dal centro del cristianesimo: l’incarnazione di Dio. Forse sarebbe opportuno che qualcuno nei sacri palazzi iniziasse a leggere con più attenzione e con più amore ciò che Gesù chiamava segni dei tempi”.
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