Recentemente, facendo lezione, mi si è presentata nuovamente l’occasione di approfondire il discorso sull’atteggiamento di chi suona.
Quasi tutti gli esecutori hanno paura, in una forma o l’altra, di suonare in pubblico.
La paura più forte è quella di “perdersi”, cioè di non essere più presenti a ciò che si sta suonando, fino ad arrivare al blocco totale.
Tutti gli accorgimenti che adottiamo in fase di studio tendono a fortificare la memoria attraverso l’aumento della consapevolezza nei vari parametri musicali, il ritmo, la melodia, l’armonia, la strutturazione delle tensioni, ecc..
Tutto ciò è necessario, ma non è sempre garanzia di successo, né per ciò che riguarda la regolarità dell’esecuzione, né per il fatto che l’esecuzione stessa possa rappresentare, nella sua unicità e autenticità, un reale momento di arte.
Ho già parlato, in altri scritti, al riguardo, ma ora volevo affrontare il tema da un’altra angolatura, quella della gioia di suonare.
Quando preparo un brano da suonare in pubblico, ho bisogno di molto tempo. Questo perché non posso pensare di aver terminato lo studio finché non provo una particolare gioia, che è quella prodotta dalla percezione che ogni nota abbia un senso, che trovi la sua giusta collocazione, il giusto grado d’intensità.
Per arrivare a questo non basta conoscere “a mente” ogni suono, ma occorre trasformare il proprio corpo, ogni cellula, perché sia in sintonia con il significato che le relazioni fra le note comunicano.
A quel punto, ogni suono, libera tutta la sua potenzialità di armonici interni (il timbro, il colore di ogni suono si arricchisce), facilitando il legame con le famiglie di armonici dei suoni affini, creando ulteriori possibilità di nuove relazioni.
Non sempre si riesce, perché il cammino nella conoscenza e armonizzazione di sé è arduo, anche se costellato di momenti che hanno del miracoloso.
Durante le esecuzioni, può succedere di ricadere nell’assenza di Spirito, nella perdita di sé, fondamentalmente per l’emersione di parti di noi ancora rigide, i nostri blocchi animici, le nostre false credenze, che producono vari tipi di reazioni legate alla paura.
In questi casi è utile fare appello alla conoscenza strutturale del brano, alla tecnica, all’esperienza.
Tuttavia un buon modo di anticipare un nostro cedimento di fronte all’emersione della paura è l’attenzione verso la gioia che si sta provando, se scompare è segno che prima o poi ci perderemo.
È anche opportuno non scambiare la gioia con l’euforia, che è un’altra forma di perdita di sé.
Invece l’intima gioia che si prova nello scioglimento di ogni tensione egoica è la cartina di tornasole della nostra capacità di dare senso a ciò che facciamo.
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