In occasione dell’incontro pasquale dei gruppi di “Darsi pace”, come di consuetudine, abbiamo condiviso, dividendoci in 4 o 5 persone, le nostre ansie, i piccoli traguardi raggiunti, le nostre aspettative per il futuro.
E’ sempre molto bello per me parlare in tale contesto, sento che emerge la mia vera anima, in piena libertà, senza paure, senza il timore di essere derisa o comunque giudicata. Parlo agli altri, ma in realtà parlo con me stessa come non so fare neanche in solitudine.
A differenza delle altre volte, però, in tale incontro, la persona che avevo accanto (e che non avevo avuto modo di conoscere in precedenza), ha esternato un certo disagio con tono anche accusatorio nei nostri confronti, quasi fosse un estraneo.
Il problema sollevato consisteva nel vedere il nostro lavoro più come una chiusura verso il mondo esterno che come un apertura alla relazione; quasi come se questa ricerca di darsi pace potesse essere intesa un atto puramente egoistico per la serenità del singolo a discapito di chi lo circonda. E la frase: “ Ma cosa fate di concreto per aiutare gli altri?” ancora mi risuona nella mente!
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