In questa testimonianza Vanna ci offre indicazioni semplici sulla pratica meditativa e con la sua voce calma e rilassata ci spinge a seguirla nell’ascolto dell’attimo presente. Ci racconta anche come, grazie al progressivo abbandono allo Spirito di questa Presenza realizzata nella preghiera, sia riuscita a trovare un rapporto nuovo con il padre e ad accudirlo nei suoi ultimi mesi di vita.
Anche per me la scoperta dei miracoli che compie la pratica meditativa è avvenuta anni fa in una circostanza in cui non sapevo come affrontare un grave disagio relazionale ed ero molto arrabbiata con la persona che mi aveva ferito. [Leggi di più…]
Vanna: dalla meditazione all’azione (curando la nostra bambina ferita)
La gioia di ricominciare
Giorni molto intensi quelli vissuti durante il Seminario tenuto da Marco Guzzi a Roma.
In quaranta, di ogni età e provenienza, amici vecchi e nuovi, alcuni conosciuti finora solo in modo virtuale attraverso il sito, ci siamo ritrovati insieme per vivere LA GIOIA DI RICOMINCIARE,
Con il metodo consueto, in cui si alternano una lettura del nostro tempo, un lavoro psicologico di autoconoscimento, e una pratica meditativa e di preghiera, Marco ci ha portati a comprendere il senso del nostro vivere in questo tempo apocalittico e messianico: tempo di rivelazione, in cui un modo di vivere la soggettività umana, ego-centrata, scissa, conflittuale, sta rivelando tutta la sua insostenibilità; tempo di trans-figurazione in cui ognuno di noi è chiamato a riscoprire la sua vera identità di ‘essere in relazione con il Principio, a sanare l’originaria ferita di scissione iscritta nella nostra carne, a divenire agente di liberazione nel mondo.
Marco ci ha aiutato a prendere consapevolezza delle conseguenze che l’originaria scissione ha prodotto nelle nostre storie personali, e del bisogno di incamminarci sulla VIA DEL RITORNO, del bisogno di con-versione per ritrovare unità e pace.
Abbiamo così lavorato sulle aree insoddisfacenti della nostra vita, prendendo consapevolezza delle strutture distorte che ci portiamo dentro, ed abbiamo condiviso fraternamente le nostre ferite e le nostre strategie difensive facendole così diventare anche un dono: ascoltando un altro mi rispecchio e posso comprendere meglio come sono stato ferito e come ho imparato a difendermi.
Abbiamo iniziato a comprendere che le nostre ombre contengono una luce, che le nostre distorsioni difensive sono forzature di qualità spirituali, che ciè richiesto un lavoro da minatori e da idraulici, un lavoro paziente e umile di estrazione e disostruzione.
La pratica meditativa e la preghiera ci hanno fatto fare esperienza di uno stato di integrità e pace che è già ora presente in noi, uno stato di libertà in cui non ci sono più problemi ma solo scioglimenti, assoluzioni.
Da questo stato di libertà e di pace possiamo attingere la luce per far nascere e fiorire la Nuova Umanità che preme per manifestarsi, la forza per divenire agenti messianici, agenti di liberazione nel mondo.
Vogliamo condividere testimonianze, riflessioni e quant’altro desideriamo sull’esperienza appena vissuta?
Di seguito le prime due testimonianze arrivate (le trovate tra i commenti al post CATTOLICI ADULTI)
Sono stati davvero giorni di grazia, di luce, a volte intensissima.
Eravamo più di 40 persone, provenienti da tutta l’Italia: da Messina e da Cuneo, da Cesena e da Firenze e da Teramo e da Sondrio e da Bergamo e da Roma, e in poche ore il fuoco della ricerca sincera, il fuoco dello Spirito, il fuoco del bisogno di ricominciare nella nostra umanità rigenerata in Cristo, ci ha resi incredibilmente uniti, allegri, felici, anche nella sofferenza che a volte i passaggi cruciali producono nella nostra anima.
Un abbraccio a tutti. Marco
A casa
Cerchero’ di trovare le parole per descrivere la profonda ricchezza di questa esperienza personale, ancorche’ limitata alla sola partecipazione mattutina ma che comunque ha lasciato il segno nella mia psiche/anima.
Un vero e nuovo ri-cominciamento che ha fatto intravedere ancora una volta la luce della Grazia. Una luce per adesso lontana ma chiarissima che gia’ ha condizionato nel bene le relazioni familiari.
Il cammino e’ lungo e tortuoso, ma senza dubbio illuminato e mi sembra di riconoscerne le tracce. Marco mi ha dato una nuova chiave di lettura, universale e coerente con il tutto. Spesso in passato ho goduto di altre esperienze, ma sempre con contenuti parziali, e comunque mai il messaggio e’ stato cosi’ potente e univoco.
La salvezza viene da un percorso profondo, coerente che coinvolge la mente, il corpo, la psiche, lo spirito e l’anima, per sgorgare copiosa nella vita di tutti i giorni con la semplicita’ di chi non chiede altro alla vita se non l’essere…
Ringrazio Dio per avermi donato questa esperienza e per tutte quelle esperienze di “agape” che ho vissuto nella vita. Che il Signore accompagni i nostri passi nella Luce del Suo cammino e ci faccia finalmente sentire … a casa…
Alberto
Grazie, un forte abbraccio a tutti. giovanna
Un mondo di lussuriosi?
Il volto sempre più pornografico del nostro tempo, traboccante di una sessualità ostentata e mercificata, non segnala affatto una esuberanza del desiderio, quanto piuttosto uno spaventoso calo dell’eros reale. In questo mondo di passioni virtuali o comunque tristi e squallide, soffriamo in realtà di una penuria crescente di passioni autentiche, e di creatività.
Di questi argomenti ha parlato la giornalista Stefania Rosini con Marco Guzzi nella puntata della trasmissione Percorsi, curata da Elisabetta Parisi, su Radio Tre, domenica 29 novembre.
Alla trasmissione hanno partecipato anche Simona Argentieri e Angelika Riganatou.
Un mondo di lussuriosi?
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Il volto sempre più pornografico del nostro tempo, traboccante di una sessualità ostentata e mercificata, non segnala affatto una esuberanza del desiderio, quanto piuttosto uno spaventoso calo dell’eros reale. In questo mondo di passioni virtuali o comunque tristi e squallide, soffriamo in realtà di una penuria crescente di passioni autentiche, e di creatività.
Di questi argomenti ha parlato la giornalista Stefania Rosini con Marco Guzzi nella puntata della trasmissione Percorsi, curata da Elisabetta Parisi, su Radio Tre, domenica 29 novembre.
Alla trasmissione hanno partecipato anche Simona Argentieri e Angelika Riganatou.
Cattolici adulti
TRA LO SCHERNO DEGLI ATEI E LA CONDANNA DELLA GERARCHIA, LA VITA DIFFICILE DEI CATTOLICI ADULTI
C’è suor Maria Martinelli, medico e missionaria in Africa che distribuisce i preservativi perché si ha “il dovere morale di non trasmettere l’infezione dell’Aids”. C’è Elisa Nicolosi della clinica milanese Mangiagalli, fiera di far nascere 250 bambini l’anno con la fecondazione assistita. C’è Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dei Medici cattolici di Milano, che sostiene la donazione alla ricerca degli embrioni congelati. Cos’hanno in comune? Sono tutti cattolici che non fanno dell’obbedienza al papa il cuore centrale della loro fede. Ma che, nello stesso tempo, rifiutano i toni aspri contro la Chiesa, tipici di quella parte del mondo laico fomentato dalle invettive dei cosiddetti atei furiosi.
Sono cattolici cioè che concepiscono la loro fede non in rapporto alle gerarchie ecclesiastiche ma in rapporto con qualcosa che ritengono molto più importante: l’amore verso il mondo. La compassione. La misericordia insegnata nel Vangelo. A raccogliere queste ed altre storie di cattolici disobbedienti, o semplicemente adulti, è Riccardo Chiaberge, direttore del supplemento domenicale del Sole 24 ore, in un libro che si chiama “Lo scisma, cattolici senza papa”, pubblicato da Longanesi. Un testo che si mette sulla scia del lavoro presentato dieci anni fa da Pietro Prini, “Lo scisma sommerso”, dove si parla appunto di quei credenti saldamente consapevoli della propria laicità che, anziché al dettato del clero, guardano alle prove e alle risposte della vita quotidiana. Cattolici fieri di dichiararsi tali, senza vergogne né timidezze, spesso con pratiche personali molto assidue, che però non hanno timore di schierarsi contro la voce della gerarchia quando la percepiscono come un freno al loro desiderio d’amore verso il mondo.
Uno scisma di fatto, è la tesi di Prini e di Chiaberge. E per certi versi anche di diritto. Secondo il codice di diritto canonico, infatti, lo scisma è “il rifiuto della sottomissione al Sommo pontefice”, sanzionato con la scomunica latae sententiae. E non ci sono soltanto questi due testi a far da guida al popolo dei credenti senza etichette, novero sempre più vicino al punto di massa critica. C’è per esempio il saggio “Il Dio personale”, scritto da Ulrich Beck, docente di sociologia a Monaco di Baviera e a Londra, che descrive una ricerca spirituale dei singoli individui largamente diffusa in tutta Europa. Un Dio “fai da te” intriso di sincretismo? No, dice Beck, “ma una religione nella quale l’uomo è sia credente sia Dio”. Che prospettive apre la consapevolezza di una ricerca che fa i conti con la dottrina della Chiesa senza rinunciare a un’analisi critica? Che rapporto è possibile con la messa che contiene misteri iniziatici potentissimi e insieme un senso asfissiante di conformismo? Quale con il sacerdote, che ascolta il prossimo come tanti amici veri non sanno più fare, ma che si ferma di fronte al limite imposto dal suo obbligo di obbedienza? Qual è in generale il nostro modo, se c’è, di sentirci cattolici adulti? Quali le difficoltà che incontriamo tra l’incudine della Chiesa e il martello del collega ateo che ci schernisce? Troppo eretici per la parrocchia, troppo bigotti per gli amici? Come ci si sente in mezzo al guado?
“Oggi – scrive il teologo Vito Mancuso – l’unico Dio accettabile è il Dio che sta totalmente e concretamente dalla parte dell’uomo. E con ciò non siamo lontani dal centro del cristianesimo: l’incarnazione di Dio. Forse sarebbe opportuno che qualcuno nei sacri palazzi iniziasse a leggere con più attenzione e con più amore ciò che Gesù chiamava segni dei tempi”.
Grido il Vangelo con la mia sola vita. Ricordo di Annalena Tonelli
Vivo calata profondamente in mezzo ai poveri, ai malati, a quelli che nessuno ama.Io impazzisco per i brandelli di umanità ferita, più son feriti, maltrattati, più di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. Questo non è un merito, è un’ esigenza della mia natura.
Annalena Tonelli, missionaria laica uccisa il 5 ottobre del 2003 in Somalia, è una dei testimoni più significativi del nostro tempo. Nel video alcuni momenti di un evento tenutosi a Forlì pochi mesi prima della sua morte. Di seguito stralci della testimonianza resa in Vaticano ad un convegno sul volontariato nel dicembre 2001.
Scelsi di essere per gli altri, i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina, e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. Per Lui feci una scelta di povertà radicale, anche se povera come un vero povero, i poveri di cui è piena ogni mia giornata, io non potrò essere mai.
Impegnata fin da giovane nell’assistenza ai diseredati nella sua città natale, Forlì, Annalena nel 1969 sceglie di lasciare tutto e di partire.
Lasciai l’Italia a gennaio del 1969. Da allora vivo a servizio dei Somali. Sono trent’anni di condivisione. Partii decisa a gridare il Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatre anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a gridarlo così fino alla fine. Questa la mia motivazione di fondo assieme ad una passione invincibile da sempre per l’uomo ferito e diminuito senza averlo meritato al di là della razza, della cultura, e della fede.
Vivo calata profondamente in mezzo ai poveri, ai malati, a quelli che nessuno ama.
Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi.
Così è per me. E’ nell’inginocchiarmi perché stringendomi il collo loro possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura camminare dove mai avevano camminato che io trovo pace, carica fortissima, certezza che TUTTO è GRAZIA.
Annalena giunge a Wajir nel deserto a nord-est del Kenya, vicino al confine con la Somalia, come insegnante. Vede la gente morire di fame a causa di una terribile carestia: «esperienze così traumatizzanti da mettere in pericolo la fede». Si adopera a favore dei profughi della Somalia e di una tribù di nomadi del deserto minacciata di genocidio.
Al tempo del massacro, fui arrestata e portata davanti alla corte marziale. Le autorità, tutti non Somali, tutti cristiani, mi dissero che mi avevano fatto due imboscate a cui ero provvidenzialmente sfuggita, ma che non sarei sfuggita una terza volta, poi uno di loro, un cristiano praticante, mi chiese che cosa mi spingeva ad agire così. Gli risposi che lo facevo per Gesù Cristo che chiede che noi diamo la vita per i nostri amici.
Per la sua opera a favore dei rifugiati e perseguitati viene deportata e quindi espulsa dal Kenia.
Nel 1984 il governo del Kenya tentò di commettere un genocidio a danno di una tribù di nomadi del deserto. Avrebbero dovuto sterminare cinquantamila persone. Ne uccisero mille.
Io riuscii a impedire che il massacro venisse portato avanti e a conclusione. Per questo un anno dopo fui deportata. Tacqui nel nome dei piccoli che avevo lasciato a casa e che sarebbero stati puniti se io avessi parlato. Parlarono invece i Somali con una voce e lottarono perché si facesse luce e verità sul genocidio.
La lotta porta il governo keniano ad ammettere pubblicamente, dopo 16 anni, le sue responsabilità.
E oggi molti dei Somali che avevano remore contro di me mi hanno accettato e sono diventati miei amici. Oggi sanno che ero pronta a dare la vita per loro, che ho rischiato la vita per loro.
Ora io ho esperimentato più volte nel corso della mia ormai lunga esistenza che non c’è male che non venga portato alla luce, non c’è verità che non venga svelata. L’importante è continuare a lottare come se la verità fosse già fatta e i soprusi non ci toccassero, e il male non trionfasse. Un giorno il bene risplenderà. A DIO chiediamo la forza di saper attendere, perché può trattarsi di lunga attesa anche fino a dopo la nostra morte. Io vivo nell’attesa di DIO e capisco che mi pesa meno che ad altri, l’attesa delle cose degli uomini.
Annalena si trasferisce in Somalia: è a Mogadiscio agli inizi del 1991, nei momenti più drammatici della caduta di Siad Barre. Dopo Mogadiscio si stabilisce a Merka ad occuparsi di tubercolotici.
Il mio primo amore furono i tubercolosi, la gente più abbandonata, più respinta, più rifiutata in quel mondo. Quello che più spaccava il cuore era il loro abbandono, la loro sofferenza senza nessun tipo di conforto.
Subito cominciai a studiare, ad osservare, ero ogni giorno con loro, stavo accanto a loro quando si aggravavano e non avevano nessuno che si occupasse di loro, che li guardasse negli occhi, che infondesse loro forza. Dopo qualche anno, nella T.B. Manyatta (villaggio) ogni malato consapevole di essere alla fine, voleva solo me accanto per morire sentendosi amato.
Rimane a Merka finché diventa impossibile rimanere senza pagare una tangente o subire il ricatto di qualche gruppo armato. Decide di andarsene, torna in Italia per un anno “sabbatico” che trascorre in un eremo.
Nel 1996 è di nuovo in Somalia, a Boroma, al confine con l’Etiopia: crea un centro anti-tubercolare d’avanguardia e promuove molteplici iniziative collaterali (la scuola per sordomuti, la campagna contro le mutilazioni genitali femminili, un progetto di sensibilizzazione sul problema dell’Aids, assistenza ai malati mentali…).
Annalena si batte per combattere le malattie ma anche i pregiudizi e l’ignoranza che le accompagnano.
La tubercolosi è parte della gente, della sua storia, della sua lotta per l’esistenza. Eppure la tubercolosi è stigma e maledizione: segno di una punizione mandata da Dio per un peccato commesso, aperto o nascosto. A Borama continua la lotta ogni giorno per la liberazione dall’ignoranza, dallo stigma, dalla schiavitù ai pregiudizi. Ogni giorno discutiamo con loro di ciò che li tiene schiavi, infelici, nel buio. E loro si liberano, diventano felici, sono sempre più nella luce.
Nel centro T.B. abbiamo aperto scuole per gli ammalati e i loro amici: una scuola di Corano, una scuola di alfabetizzazione, una scuola di lingua Inglese. Gli ammalati arrivano a noi come esseri mortificati, sofferenti, impauriti, calpestati, infelici.Nella ‘scuola’ acquistano fiducia, non hanno più paura.
Prima non sapevano né leggere né scrivere, non sapevano quasi nulla della loro religione, ora sanno, la conoscono in traduzione, imparano a capire e ad apprezzare i valori universali del bene, della verità, della pace, dell’abbandono in DIO: “Allah ha dato, Allah ha tolto, sia benedetto il nome di Allah”, imparano ad affrontare la sofferenza fisica e la morte, a non temerle, non rifiutarle, ad accettarle: ALLAH c’è! ALLAH sa, conosce, guida.
La scuola per bambini sordi è l’inizio di un’esperienza entusiasmante: una scuola aperta a tutti in cui le diverse provenienze e capacità sono risorse.
Ma veniamo alla scuola dei bambini sordi.Nessuno qui lo credeva possibile. Oggi tutti sanno che non c’è nulla che un bambino sordo non possa fare eccetto che udire.
Nel frattempo, i primi bambini tbc guariti e dimessi volevano continuare ad imparare ma molti di loro non avevano il danaro per pagare le tasse scolastiche. E fu così che decidemmo di accoglierli in classe assieme ai bambini handicappati….
Da due anni abbiamo accolto trenta bambini appartenenti ad un clan disprezzato dei Somali….
Poi anche alcuni intellettuali ealcuni ricchi sono venuti a chiederci di accogliere i loro figli nella nostra scuola perché è una scuola seria, i maestri sono impegnati, amano i bambini, amano l’insegnamento, e noi abbiamo deciso di accettarli…..
Oggi la scuola è una bellissima mescolanza di bambini di ogni provenienza, di ogni storia, di ogni capacità, ed è questa una delle esperienze più consolanti, più incoraggianti, più capaci di donare speranza in un mondo in cui gli uomini vorranno essere e saranno una cosa sola.
Questo dell’UT UNUM SINT è stata ed è l’agonia amorosa della mia vita, lo struggimento del mio essere. Ed è una vita che combatto perché gli uomini siano una cosa sola.
Una scuola di pace.
Ogni giorno al TB Centre noi ci adoperiamo per la pace, per la comprensione reciproca, per imparare insieme a perdonare. Ogni giorno noi lottiamo per comprendere e far comprendere che la colpa non è mai da una sola parte ma da ambedue le parti, noi ci guardiamo in faccia, negli occhi, perché vogliamo che si faccia la verità.
Questo instancabile lavoro le attira l’odio dei settori più tradizionalisti della società e degli estremisti islamici. Annalena riceve minacce ma non se ne cura.
Non ho paura, e anche questa è una cosa che non mi sono data. Sono stata in pericolo di vita, mi hanno sparato, picchiata, sono stata imprigionata, ma non ho mai avuto paura.
Pur in un clima di diffidenza e aperta ostilità, Annalena non cade vittima di generalizzazioni, resta sempre capace di distinguere: la popolazione, gente semplice che pratica un islam moderato, dai gruppi di fanatici estremisti, spesso finanziati e indottrinati dall’esterno. E conserva un cuore veramente povero, un cuore sempre aperto ad accogliere l’altro e a ricevere dall’altro.
Ma il dono più straordinario, il dono per cui io ringrazierò DIO e loro in eterno e per sempre, è il dono dei miei nomadi del deserto. Musulmani, loro mi hanno insegnato la fede, l’abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è fiducia e amore. I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto incominciare, tutto operare nel nome di Dio, nel nome di DIO Onnipotente e Mi-sericordioso.
La consuetudine del nome di DIO ripetuto incessantemente che già aveva sconvolto e affascinato la mia vita con i racconti del pellegrino russo prima della mia partenza, ha trasformato la mia vita permanentemente. Rendo GRAZIE ai miei nomadi del deserto che me l’hanno insegnato.
Da quando sono con loro, sono trent’anni che io mi struggo perché anche nel nostro mondo noi fermiamo i lavori, ci alziamo se dormiamo, interrompiamo qualsiasi discorso per fare silenzio e ricordarci di DIO, meglio se assieme ad altri, per riconoscere che da LUI veniamo, in LUI viviamo, a LUI ritorniamo.
Annalena ci testimonia che le religioni non sono un terreno di scontro se a prevalere è l’amore e il rispetto per l’uomo.
Quella della T.B. Manyatta fu una grande avventura d’amore, un dono di DIO. Fu grazie alla T.B. Manyatta che la gente cominciò a dire che forse anche noi saremmo andate in Paradiso.
Per cinque anni ci avevano sbattuto in faccia che noi non saremmo mai andate in Paradiso perché non dicevamo: “Non c’è DIO all’infuori di DIO e Muhamad è il suo profeta”. Poi successe un episodio grave che mise a rischio la nostra vita e allora la gente cominciò a dire che sicuramente anche noi saremmo andate in Paradiso. Poi cominciammo a essere portate come esempio. Il primo fu un vecchio capo che ci voleva molto bene … “Noi Mussulmani abbiamo la fede -ci disse un giorno- e voi avete l’amore”.
Fu come il tempo del grande disgelo. La gente diceva sempre più frequentemente che loro avrebbero dovuto fare come facevamo noi, che loro avrebbero dovuto imparare da noi a CARE per gli altri, in particolare per quelli più malati, più abbandonati.
Diciassette anni dopo, subito dopo il massacro di Wagalla, un vecchio arabo mi fermò al centro di una delle strade principali del povero villaggio, profondamente commosso perché in mezzo ai morti c’erano suoi amici, perché mi aveva visto quando mi avevano picchiato, sorpresa a seppellire i morti, mentre lui aveva avuto paura e non aveva fatto nulla per salvare i suoi, invece io avevo tutto osato per salvare la vita dei loro che erano diventati miei, e gridò perché voleva essere sentito da tutti: “Nel nome di Allah, io ti dico che, se noi seguiremo le tue orme, noi andremo in Paradiso”.
A Borama, dove vivo oggi, la gente prega intensamente perché io mi converta al mussulmanesimo. Me ne parlano spesso ma con delicatezza, aggiungono sempre che comunque DIO sa ed io andrò in Paradiso anche se rimarrò cristiana. Non vogliono che io mi senta ferita. E poi cercano di farmi sentire ‘assimilata’ a loro, vicinissima. Mi raccontano ogni hadith in cui il profeta Muhamad sulle orme di Issa, Gesù, mangiava con i lebbrosi nello stesso piatto, aveva compassione dei poveri, mostrava amore per i piccoli.
In senso molto più lato, il dialogo con le altre religioni è questo. E’ condivisione. Non c’è bisogno quasi di parole. Il dialogo è vita vissuta, meglio se, almeno io lo vivo così, senza parole.
Testimoniare il vangelo è farsi pane sulla mensa degli uomini.
La vita mi ha insegnato che la mia fede senza l’amore è inutile, che la mia religione cristiana non ha tanti comandamenti, ma ne ha uno solo, che non serve costruire cattedrali o moschee, né cerimonie, né pellegrinaggi…, che quell’Eucaristia che scandalizza gli atei e le altre fedi racchiude un messaggio rivoluzionario: “Questo è il mio corpo fatto pane perché anche tu ti faccia pane sulla mensa degli uomini, perché, se tu non ti fai pane, non mangi un pane che ti salva, mangi la tua condanna!”. L’Eucaristia ci dice che la nostra religione è inutile senza il sacramento della misericordia, che è nella misericordia che il cielo incontra la terra...
Vorrei aggiungere che i piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d’acqua nell’oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre… I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all’immaginazione di ciascuno di noi. Inventiamo… e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita!
La gioia di ricominciare – corso intensivo 5-8 dicembre a roma
La gioia di ricominciare
Meditazione – Preghiera – Azione
Seminario di formazione integrata
per credenti e non credenti
del XXI secolo
Con Marco Guzzi
5/8 dicembre 2009
Comunità di Preghiera “Mater Ecclesiae”
Suore Dorotee di Cemmo
Via della Pineta Sacchetti, 502
00168 – ROMA
Tel/Fax 06.3017936
Mater.eccl@tiscalinet.it
Obiettivi e finalità dell’incontro
Cresce in ognuno di noi il bisogno di ricominciare, di dare un nuovo inizio alla propria vita.
E cresce, anche a livello politico e planetario, la necessità di un nuovo slancio creativo.
Solo che ritrovare questa forza richiede un approfondimento della vita interiore, la scoperta delle nostre dimensioni libere.
Per ricominciare siamo chiamati a scoprire che molti dei nostri pensieri abituali non sono che gabbie e illusioni.
In tal senso la pratica della meditazione e della preghiera, come esperienza quotidiana della gioia della nostra libertà, risulta oggi indispensabile anche per un nuovo progetto politico e culturale di rigenerazione del mondo nella giustizia e nella pace.
Dopo il tramonto delle ideologie materialistiche del XIX e del XX secolo la rivoluzione di questo mondo va a coincidere con il moto continuo del nostro ricominciamento spirituale nella libertà.
Il corso si prefigge di introdurci nell’esperienza spirituale della nostra libertà, come spazio aperto per una nuova azione, più integra, più benevola, e molto più efficace.
Metodologia
Nel seminario seguiremo la metodologia integrata utilizzata nei corsi regolari che si svolgono da oltre dieci anni presso l’Università Salesiana di Roma.
Questo metodo è illustrato nei due manuali: M. Guzzi, Darsi pace – Un manuale di liberazione interiore, Ed. Paoline 2004, e Per donarsi – Un manuale di guarigione profonda, Ed. Paoline 2007.
La base teorica del lavoro è invece raccolta nei volumi di M. Guzzi, La nuova umanità – Un progetto politico e spirituale, Ed. Paoline 2005, e Yoga e preghiera cristiana – Percorsi di liberazione interiore, Ed. Paoline 2009.
Programma del seminario
Sabato 5 dicembre 2009
18 Arrivo e sistemazione
18.30 Meditazione introduttiva
20.45 Presentazione del seminario:
Il grande bisogno di ricominciare
Domenica 6 dicembre 2009
9.15 La gabbia di questo mondo e la chiave per uscirne
Meditazione guidata, esercizi di autoconoscimento
16 Lavori di gruppo
17 Condivisione in assemblea
20.45 Incontro di fine giornata
Lunedì 7 dicembre 20099.15 Nel principio, e ora, e sempre: nella libertà
Meditazione guidata, insegnamenti ed
esercizi di autoconoscimento
16 Lavori di gruppo
17 Condivisione
20.45 Meditazione poetica:
L’esperienza poetica come uscita dall’Alcatraz dell’ego
Martedì 8 dicembre 2009
9.15 L’adesso dell’azione messianica
Meditazione guidata, insegnamenti ed
esercizi di autoconoscimento
Avvertenze
E’ possibile partecipare al Seminario secondo due modalità: come residenti e come pendolari.
Quota residenti: Euro 150 più 40 di iscrizione.
Quota pendolari: Euro 40 di iscrizione più 30 per uso casa.
Costo singolo pranzo: Euro 15.
Per effettuare l’iscrizione è sufficiente telefonare, inviare un fax o una mail
Presso la sede del corso (vedi frontespizio).
Il Centro “Mater Ecclesiae” si raggiunge dalla Stazione Termini con Metropolitana linea “A” in direzione Battistini, fino a Valle Aurelia., quindi con treno urbano FS per Viterbo o Cesano o Bracciano, scendendo alla fermata Gemelli.
Testimonianza di Maria Grazia: la forza per andare avanti
Nihil ad excludendum – di Fabrizio Falconi
Mi sembra che un atteggiamento mentale molto diffuso oggi, che riscontro tra amici anche colti o intelligenti, quando si affrontano i cosiddetti ultimi, cioè le questioni fondamentali – sempre le stesse della nostra vita – chi siamo da dove veniamo e dove andiamo – sia quello di asserire con certezza, a prescindere da una qualsiasi fede, ma di asserire con certezza soltanto in negativo , cioè escludendo a priori.
I fantasmi ? Bah. La vita dopo la morte ? No, non ci siamo. Le percezioni extrasensoriali, le visioni, la metempsicosi ? Buonanotte !
Eppure io credo invece che, proprio alla luce delle attuali conoscenze della fisica, e di quello di incredibile che stiamo scoprendo, occorrerebbe da parte di noi umani nelle nostre valutazioni di giudizio, una dose infinita di umiltà. E basterebbe dedicare un po’ di tempo alla lettura di uno qualsiasi dei grandi libri di fisica divulgativa disponibili sul mercato, per concludere che l’unica verità che potremmo affermare, sostenibile senza timore di smentita è questa: ” Nihil ad excludendum”.
Non possiamo escludere nulla, dovremmo mantenere la mente molto molto aperta, se possibile.
Ecco quel che scrive ad esempio Martin Rees, uno dei maggiori astronomi moderni, Research Professor della Royal Society all’Università di Cambridge e Astronomo Reale d’Inghilterra in un libro capitale, Il nostro ambiente cosmico ( edizioni Adelphi, pag.183).
“Svariati scenari conducono a universi multipli.
Andrej Linde, Alex Vilenkin, e altri hanno simulato al calcolatore un’inflazione “eterna”, nella quale più universi emergono da big bang distinti in regioni disgiunte dello spaziotempo. Alan Guth e Lee Smolin hanno immaginato, partendo da ipotesi diverse, che all’interno di un buco nero possa germogliare un nuovo universo che espandendosi formerà un dominio spaziotemporale a sè stante, a noi inaccessibile.
Lisa Randall e Raman Sundrum suppongono invece che possano esistere altri universi separati dal nostro grazie a una dimensione spaziale in più. Questi universi disgiunti potrebbero tanto interagire gravitazionalmente quanto non avere nessun effetto uno sull’altro.
Gli altri universi sarebbero domini spaziotemporali separati; non potremmo neanche dire sensatamente se sono esistiti prima del nostro o esistono insieme o esisteranno dopo, perchè questi concetti hanno senso solo finchè possiamo usare una misura del tempo unica, comune a tutti gli universi.
Alan Guth e Edward Harrison hanno addirittura ipotizzato che si possano fabbricare universi in laboratorio facendo implodere un certa quantità di materia fino a trasformarla in buco nero. Per caso il nostro universo è il risultato di qualche esperimento eseguito in un altro ? Secondo Smolin, l’universo-figlio potrebbe essere governato da leggi che recano l’impronta di quelle che prevalgono nell’universo-genitore; ma in tal caso potremmo resuscitare, sotto nuova veste, l’argomento teologico del progetto, rendendo ancora più incerto il confine tra fenomeni naturali e soprannaturali.”
Alla luce di queste semplici conclusioni alle quali sta giungendo la fisica moderna, la scienza – non qualche stregone – come è possibile per noi escludere qualcosa ? Come è possibile escludere l’esistenza o la realtà di fenomeni che non comprendiamo ? Quale diritto, quale libertà arbitraria può indurci a dire: “le cose stanno così” ?
Fabrizio Falconi
in testa, una foto della Nebulosa dell’Aquila (Eagle), distante 5.700 ANNI LUCE dalla Terra e soprannominata I pilastri dell’Universo.
L’indifferenza
Nel bellissimo quanto triste romanzo quasi autobiografico “La masseria delle allodole” Antonia Arlan racconta la diaspora della sua famiglia; a tale scopo descrive la strage subita dal popolo armeno residente in Anatolia nel 1915.
Dopo lo sterminio di tutti gli uomini (vengono assassinati tutti i maschi, bambini compresi), ai restanti (donne, bambine e anziani) viene ordinato di abbandonare la piccola città dell’Anatolia. Questi formano una carovana e si dirigono verso Aleppo; inizia per loro un vero e proprio calvario. Le razzie, le violenze dei soldati turchi e la penuria di cibo riducono gli Armeni in uno stato miserabile.
Il mio intento non è parlare degli armeni, (anche se la lettura di questo romanzo e del suo seguito “La strada di Smirne” mi ha permesso di conoscere questo ennesimo genocidio compiuto nella storia), quanto riflettere su quanto segue.
Ciò che più mi colpisce in questa come in circostanze analoghe (es. lo sterminio degli ebrei) non è tanto la malvagità dei persecutori, individui privi di anima con cui in ogni epoca il genere umano ha dovuto fare i conti, quanto l’indifferenza di chi non è direttamente coinvolto.
Narra in alcuni punti il racconto “La masseria delle allodole”:
– I contadini, serrati in casa, non uscivano più di notte in quell’estate di orrori, evitavano di vedere e di sentire…-
-I superstiti delle varie famiglie si stringono insieme privi di curiosità verso qualsiasi cosa che non sia il cibo, qualsiasi resto di cibo……Per un momento, tutti covano un’indistinta speranza
“ Qualcuno ci vedrà, qualcuno capirà che cosa ci stanno facendo”. Ma la gente lungo la strada, invece, sembra non vederli, li attraversa con occhi di vetro, o si scansa con visibile disgusto –
Gli altri……..gli altri, in ogni contesto, non intervengono (tranne eroiche eccezioni) o perché paralizzati dalla paura o perché sono ossessionati dall’idea di avere un “nemico interno” che tutto sommato è giusto far sparire. Il pericolo di quest’ultima “convinzione” non è certo impossibile in un periodo di riaffermazione dell’identità nazionale e etnica dei rispettivi stati.
Sinceramente mi angoscia tanto la sola idea di poter far parte di questa categoria di persone (purtroppo non escludo che la paura mi potrebbe bloccare!).
In fondo è cronaca dei nostri giorni l’aggressione in metropolitana di una giovane da parte di una donna con problemi psichici …nella totale indifferenza degli altri passeggeri.
Gabriella S.
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