Ultimamente mi sono trovata a dialogare con alcune persone care riguardo la fede in Dio. In tale occasione ho espresso come, nonostante la mia ferma convinzione della esistenza di Dio, io non smetta mai di farmi domande riguardo la Sua figura e quella di Gesù.
Non ho dubbi come già detto riguardo la loro presenza, la reincarnazione di Gesù e la Sua Resurrezione, piuttosto mi assilla il pensare che la sofferenza dell’umanità sia in qualche modo legata alla onnipotenza di questo Dio, che io identifico con Amore puro, pertanto non lo credo capace di causare dolore se pur, come mi è stato risposto, per il nostro bene. Infine alcune delle persone, con cui ero in compagnia, hanno espresso la convinzione che “se si ha fede non ci si deve chiedere nulla”.
Di fronte a tale posizione, cioè di chi ha una fede così ferrea per cui non ha bisogno di farsi domande di alcun genere a riguardo, io mi sento spesso in difficoltà, mi trovo inadeguata.
Raccontando il giorno dopo a mia figlia l’accaduto mi ha risposto” Sai mamma anche il nostro prof. di religione (adorato dai ragazzi) ci ha chiesto se era giusto farsi domande su Dio. La maggior parte di noi ha risposto di no, che bastava aver fede, credendo di incontrare la sua approvazione, ma lui ci ha confidato che non è dello stesso parere e nel suo caso se non si fosse posto delle domande forse non si sarebbe fatto prete”.
Questo mi ha fatto riflettere arrivando alla conclusione che, forse, una fede più viva e più profonda sia proprio quella un po’ travagliata, in cui la persona lascia lo spazio a qualche dubbio ed è comunque spinta alla ricerca continua, alla riflessione, allo studio approfondito delle Scritture per capirne di più.
Ciò probabilmente, con una particolare disponibilità all’ascolto, può arricchire il proprio Spirito in un modo tale che la sola fede cieca non può fare.
Gabriella
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