Si è concluso domenica 29 marzo il Seminario LA-RIGENERAZIONE tenuto da Marco Guzzi.
Il Seminario ha segnato per molti una tappa fondamentale della vita. Le riflessioni e le meditazioni di Marco, il lavoro personale e le condivisioni, hanno aiutato ad acquistare consapevolezza delle tante immagini distorte di Dio che bloccano la piena manifestazione della nostra Umanità.
Questa lettera, arrivata appena concluso il seminario, testimonia il superamento di paure infantili legate all’immagine del ‘crocifisso’ e l’inizio della ‘fioritura’, la Nuova Umanità liberata.
Caro Marco,
L’intensivo si è rivelato un’esperienza fantastica; credo di poter dire, già sin d’ora, che rimarrà una tappa fondamentale nella mia vita.
E’ incredibile che si sia presentata questa opportunità nel momento in cui sono continuamente alla ricerca di determinate risposte. Ma si è presentata, e l’ho colta (un caso oppure no? Non ho certezze, per ora).
Per la prima volta ho cominciato a percepire verso la figura di Gesù una viva simpatia, laddove prima sentivo paura e disagio.
Sin da bambino, Gesù inchiodato a quella croce (ma non soltanto) m’ha spaventato; adesso mi sembra un amico; e provo gratitudine e affetto nei Suoi confronti.
Naturalmente l’ego si è subito incaricato di rendermi ridicolo ai miei stessi occhi, ma d’ora in poi a me Gesù starà simpatico: un fatto nuovo e incontrovertibile, che cambia la direzione della mia vita, ego o non ego.
Appena tornato a casa, a testimonianza della stranezza e contraddittorietà e novità delle mie emozioni, ho scritto un terribile racconto breve di enorme disperazione e solitudine, e una raggiante poesia dal titolo RIVELAZIONE; a dire il vero fino in fondo, il racconto ce l’avevo pronto in testa e la poesia invece no, l’ho scritta quasi per risarcirmi della disperazione del racconto; ma è venuta fuori una lirica stupendamente speranzosa, la prima di una raccolta che intitolerò provvisoriamente FIORITURE, e che si sforzerà di cercare attraverso una luce più chiara e limpida.
Le poesie che ho scritto sin qui, a testimoniare il demone del dubbio, erano radunate sotto il titolo SOGLIE; ma ora mi pare che almeno alcune soglie siano state oltrepassate, e che sia tempo di fiorire. Curiosa comunque questa dicotomia fra prosa/disperazione e poesia/speranza, no? Ennesima conferma, comunque, che pendoliamo (altro concetto fondamentale da introiettare).
Ancora: ho capito meglio cosa significa incarnare il lavoro intellettuale, e ho capito meglio l’importanza della condivisione del lavoro. Confrontandosi con gli altri, si ha davvero la percezione di quanto certe male-dizioni dimorino nella carne, nelle cellule; questo però non mi sembra vada a favore di coloro che sostengono che siamo soltanto muscoli, ossa e chimica; al contrario.
E’ la testimonianza, ho l’intuizione, che siamo questo ed altro. E “altro” è un vocabolo che, come ci ha insegnato Rimbaud (e come oggi insegna Lost), dovrebbe risuonare costantemente nelle nostre coscienze. Senza l’altro non si dà l’io, e viceversa. Per citare ancora Rimbaud: “Se l’ottone si sveglia tromba, non è colpa sua”. Ma intanto capiamo in cosa ci siamo svegliati, giusto?
Ancora: ho apprezzato le tue poesie più che in occasione delle mie prime letture; sono pozzi cui più si attinge, più danno acqua; e sono visioni e promesse, ma promesse presenti, in cui il futuro ci raggiunge e ci permea; sono cartoline celesti.
In esse mi pare si condensi magicamente quel triplice lavoro cui tu ti dedichi inesausto da anni e anni; in esse la tua alterità sgorga libera.
Ho vieppiù apprezzato la tua capacità di accogliere, e a tal proposito faccio un esempio: trovo assai significativo che il ‘contestatore’ che t’aveva “aggredito” seccamente la prima sera, alla fine del corso abbia proposto l’applauso di tutti per te. Una perfetta chiusura del cerchio.
Questa è la dimostrazione che l’onestà intellettuale funziona, al di là della forza “bellica” delle idee precostituite (purtroppo, dinanzi a un pensiero come il tuo, avere idee precostituite sembra quasi inevitabile; io stesso le ho a lungo nutrite prima di liberarmene, il che non significa che non ti contesterò se lo riterrò opportuno).
In fondo ci si potrebbe azzardare ad affermare che la nuova umanità vincerà sulla vecchia, alla fin fine. Il ‘contestatore’ della prima sera lo vedo fortemente simbolico di uno scricchiolio foriero di tante belle cose, simile a una crosta di ghiaccio che si spezza.
In conclusione, mi sembra di poter affermare che questo intensivo sia stato straordinario; e sia ben chiaro che chi scrive resta un relativista, uno scettico, un uomo in cerca, affatto pacificato; e però rinnovato.
Un caro saluto. Enrico
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