«Colui che ha questa speranza non potrà mai adattarsi alle leggi e alle fatalità ineluttabili di questa terra […]. La speranza non rende l’uomo tranquillo, ma inquieto, non paziente ma impaziente. Essa non placa il cor inquietum ma è essa stessa questo cor inquietum nell’uomo.»
Jürgen Moltmann, Teologia della Speranza
Scelgo di pubblicare e condividere con voi questo brevissimo stralcio, tratto dalla principale opera del teologo luterano Jürgen Moltmann, Teologia della Speranza, perché mi pare che – in un tempo di strana reviviscenza di antagonismi chiassosi (ma assai poco seri) sul tema della fede e dell’ateismo, tra nostalgie restauratrici in campo cattolico e furori giacobini in campo ateo – ci aiuti a fare chiarezza sullo specifico contenuto esistenziale del credere. In fondo, mi trovavo qualche giorno fa a pensare, non c’è davvero molta differenza tra l’ateismo a buon mercato di Odifreddi e il dogmatismo reazionario della Fraternità di San Pio X: entrambi esprimono un infantilismo spirituale, che coincide col grado zero della riflessione critica e – anche – col grado zero della speranza. Il fondamentalista e il nichilista (alla Odifreddi, naturalmente) hanno questo in comune: non si attendono nulla dal futuro. Nessuna prospettiva di senso, nessuna cornice che interconnetta le diverse dimensione dell’esistenza, nessuna “direzione di marcia”. Ecco perché, permettetemi la polemica, i cosiddetti lefebvreiani dimostrano di essere, malgado tutto il loro arruginito armamentario medioevale, figli della parte più sventurata della nostra epoca. Sono in fondo, gli uni e gli altri, dei depressi. Ciò che oggi è serio invece è ricominciare a sperare. Partorire una speranza degna di questo nome, capace di interconnettere le parti che ci costituiscono, l’interno e l’esterno, lo spirito e il corpo, il pubblico e il privato, il collettivo e l’individuale, è il lavoro del nostro tempo. Come scriveveva Ernst Bloch, oggi “l’importante è imparare a sperare”.
Perciò mi e vi chiedo: cosa possiamo sperare? Cosa ci motiva, nel senso etimologico del termine: cioè cosa ci muove, quale motivo ha oggi sufficiente energie da sposare i nostri corpi e i nostri spiriti appesantiti di vecchi occidentali disincantati? Si attendono risposte…
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