“Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.”
E’ l’incipit folgorante de La metamorfosi di Kafka, che ho riletto dopo parecchi anni. L’ho fatto quasi con una mano davanti agli occhi, da tanto che la storia è spaventosa; forse non esiste storia più spaventosa. Ma perché è così spaventosa? Perché leggendola non ci si può sottrarre a un malessere fisico, a una sorta di conato interiore, come se la vicenda smuovesse ribrezzi sepolti in qualche luogo lontano eppure intimo?
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